11 MAGGIO 1978: parte la controinchiesta
Consueta sosta mattutina alla spiaggia. Non so se andare a scuola o fermarmi qua. Come sempre, seduto appena lì dove il mare non arriva, c’è il solito uomo. Una faccia rugosa di vecchio marinaio, annerita dal sole e dagli anni, lunghi capelli biondi, bianchi in qualche parte, una immobilità quasi ieratica. Sembra un pirata d’altri tempi. Dopo tanti giorni in cui ci siamo guardati sott’occhi, facendo finta di essere indifferenti l’uno alla presenza dell’altro, decido di rompere il ghiaccio, mi accendo una sigaretta e gli allungo il pacchetto:
-”Buon giorno. Vuole fumare? ”.
Allunga la mano:
-“Io ti conosco: tu sei il figlio di Vincenzo, “u prufissuri”.
– “Che ci viene a fare ogni giorno qui?”
-“Quello che ci vieni a fare tu. Vedi, tu leggi i libri, io leggiu u mari”.
Si richiude in se stesso ficcando il suo sguardo radiografico sull’orizonte, al confine tra mare e cielo. Nient’altro.
Vado a comprare i giornali. Lotta Continua apre la prima pagina con un titolo in stretto siciliano: “V’ammazzaru u capu, accussì po essiri chi v’arrisittati tanticchia” (Vi hanno ucciso il capo. Così può essere che vi calmiate un po’). E’ quello che a Cinisi pensano tutti. Io invece mi sorprendo per un attimo: non avevo mai considerato Peppino come capo. Capi eravamo tutti e nessuno. Per contro il Giornale di Sicilia spara un titolo misterioso: “Tra i binari di Cinisi corre veloce un giallo”, per concludere, dopo un riepilogo dei fatti, che l’ipotesi dell’ “incidente sul lavoro”, a seguito di un progetto dinamitardo, è ancora la più probabile: Peppino sarebbe andato sui binari con l’esplosivo per fare un attentato, ma poiché non capiva molto di micce, timer, tritolo, detonatori, sarebbe saltato in aria da solo. Un copione già noto, sin dai tempi del traliccio di Segrate, sul quale saltò in aria Feltrinelli. Addirittura viene citato il parere di qualche illustre mafiologo, presumibilmente Leonardo Sciascia, secondo cui, se di delitto si tratta, è un delitto di mafia “atipico”, perché i mafiosi firmano apertamente i loro delitti, compiono “delitti esemplari” non solo per dare una lezione, ma per lasciare un segnale e un monito agli altri.
Facciamo ancora una volta un salto sulla ferrovia, alla ricerca spasmodica e ostinata di qualcosa, di qualche prova. Ai bordi della massicciata c’è un pezzo di plastica grigia di forma tubolare, sporco di gelatina, molto probabilmente l’involucro dell’esplosivo. Intorno svolazzano gazze che beccano gli ultimi brandelli del corpo di Peppino, sparsi in aperto terreno. Raccogliamo qualche altro pezzo di carne, ormai secco e putrido e diamo tutto a uno studente di Palermo, tal Carlotta, il quale si è impegnato di fare avere tutto a Ideale Del Carpio, che la famiglia ha nominato perito di parte. Del Carpio è per noi un mito, non solo per la sua professione politica di anarchico: nonostante i suoi 75 anni ha alle spalle una lunghissima carriera e un numero grandissimo di casi, dall’omicidio del bandito Giuliano, ai morti di Montagna Longa, ma soprattutto alla morte dell’anarchico Pinelli, del quale, nella sua perizia, dimostrò che non poteva essersi buttato volontariamente dalla finestra della questura di Milano.
Rivolgiamo l’attenzione a un casolare, in parte diroccato, con una porta d’entrata divelta. C’è accanto un carrubo quasi attaccato al muretto a secco che separa la casa dal binario. Strano che nessuno si sia accorto della presenza di questo edificio. Vi entriamo: praticamente una stalla abbandonata, con qualche traccia di paglia nella mangiatoia: su un sedile di pietra, una“icchiena”, notiamo alcune macchie di sangue, ormai quasi annerite.
-“L’hanno ucciso qua dentro” dice Pino Manzella. Mando Vito ad avvisare i carabinieri, i quali lo liquidano dicendogli:
-“Le indagini le facciamo noi.”
Carlotta riferisce la cosa a Del Carpio, il quale avvisa il dott. Scozzari, della Procura di Palermo.
Nel pomeriggio gli studenti d’architettura affollano l’aula. Interviene Santino:
-“I mafiosi di Cinisi per ordine del loro capo Tano Badalamenti. hanno ucciso il compagno Impastato. I carabinieri si stanno prestando al loro gioco, facendo credere che si è trattato di un attentato dinamitardo fatto da un pericoloso terrorista che non sapeva usare l’esplosivo. Oppure, in alternativa, di un suicidio. Il professor Ideale Del Carpio, che ha già fatto la perizia sulla morte dell’anarchico Pinelli, anch’egli suicidato dalla polizia, ci darà adesso la sua versione.”
Del Carpio, esprime le sue considerazioni, in seguito formulate con questa dichiarazione:
“Io sottoscritto prof. Ideale del Carpio, consulente tecnico di parte per la morte di Giuseppe Impastato, ritengo che sia prospettabile la tesi dell’omicidio per le seguenti ragioni:
-E’ assurda l’ipotesi dell’attentato dinamitardo sia per l’obiettivo di scarsa importanza, sia per il fatto che un dinamitardo non porta la carica di esplosivo aderente al corpo, come risulta invece dalla distruzione del corpo stesso:
-Non è prospettabile, dal punto di vista psicologico, che persona impegnata in una campagna elettorale, si dedichi ad attentati dinamitardi che risulterebbero controproducenti per la propaganda effettuata”.
Di colpo l’aula esplode: “Mafiosi, carogne, tornate nelle fogne”, “La mafia che uccide non ci fa paura, la nostra risposta sarà più dura”. L’appuntamento è per l’indomani in via Maqueda, davanti alla facoltà di Lettere.
In serata il comizio. Calamida non ha peli sulla lingua nell’accusare Gaetano Badalamenti e il suo complice Giuseppe Finazzo, “u Parrineddu” dell’omicidio di Peppino. Giampiero ripercorre le malefatte e le collusioni di mafiosi e politici, già da tempo denunciate da Peppino. Umberto Santino che Maria Baioletti, di Avanguardia Operaia, ha invitato ad intervenire, chiude il suo intervento con una frase che peserà sulla storia di Cinisi come un macigno: -“Fino a quando queste finestre non si apriranno, il sacrificio di Peppino sarà stato inutile”.
Più tardi ci vediamo a casa di Peppino. Vito ci informa di avere trovato scassata la porta della sua casa di campagna. La stessa cosa è successa per le case di Benedetto, di Pino e di Fernando e per la casa della stazione, dove dormiva Peppino: porte scassate, tracce di perquisizione. Qualcuno indubbiamente cercava qualcosa, difficile capire cosa. Qualcuno di noi ha il sospetto che vogliano incastrarci con false prove. Decidiamo di denunciare il fatto, ma i carabinieri ci guardano stupiti, visto che non manca nulla. Nessuno di loro si piglia la briga di redigere un verbale.
Durante la riunione si decide di accettare la proposta di difesa dei due legali di parte, Turi Lombardo, un socialista “di sinistra”, e Nuccio Di Napoli, del P.C.I., i quali annunciano il patrocinio gratuito.