Memoria ed impegno nel nome di Peppino Impastato
Pubblicato: 09 Maggio 2016
Duemila persone in corteo, a Cinisi, a 38 anni dall’omicidio
di Aaron Pettinari
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Centinaia e centinaia di ragazzi sono voluti essere presenti a Cinisi per onorare la memoria di Peppino Impastato, il militante di Lotta continua ucciso il 9 maggio 1978, su ordine del boss Tano Badalamenti, per aver irriso Cosa nostra dai microfoni di Radio Aut. Sono voluti essere presenti per raccogliere, in qualche modo, quel testimone lasciato 38 anni fa e rinnovare la lotta contro i soprusi mafiosi ed in difesa dei diritti elementari. A Casa memoria è stato affisso uno striscione per chiedere giustizia e verità sul caso Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto. Un simbolo, se si vuole, di tante verità negate, come quelle sulle stragi avvenute nel corso della nostra storia.
Un modo anche per rispondere a tutti coloro che, dopo gli scandali dell’ultimo anno, sostengono che l’antimafia sia finita su un binario morto.
Non è così. Basta vedere gli sguardi di tanti giovani, provenienti da diverse scuole e zone d’Italia, giunti in questa piccola cittadina.
Tra momenti di riflessione e spettacoli le iniziative sono andate avanti da giorni per poi arrivare a questa giornata clou. Nel corso della mattina in tanti erano presenti davanti al casolare in cui l’attivista fu massacrato; un presidio di protesta per chiedere nuovamente l’esproprio del fabbricato. “A due anni fa risale il provvedimento di vincolo consegnato dal presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta – ha detto il fratello di Impastato, Giovanni – promettendo a breve l’esproprio e la riconsegna alla collettività, ma poi le pratiche si sono bloccate e abbiamo avuto solo promesse. Dobbiamo salvare questo casolare da ogni speculazione”. Poi è stata la volta del lungo corteo, da “Radio Aut”, a Terrasini, fino a “Casa memoria”, a Cinisi. Cori, striscioni, bandiere rosse, bandiere della pace, i tricolori dei sindaci presenti. In mezzo ai giovani Giovanni Impastato, i compagni di Peppino, Vauro, Giulietto Chiesa e Annalisa Insardà. “Ogni nove maggio si rinnova una promessa – ha ricordato proprio il fratello di Peppino – quella che 38 anni fa abbiamo fatto quel giorno in cui mio fratello, fu accompagnato in corteo nel suo ultimo viaggio. Una promessa incisa nella nostra carne. La promessa di non dimenticare il coraggio di mia madre e la sua scelta di rottura sulle orme del figlio. L’impegno del Centro impastato per ottenere giustizia e verità anche grazie al sostegno e alla caparbietà dei compagni di Peppino. Le attività svolte in questi anni hanno portato le idee di Peppino in tutto il mondo e questo diventa ancora più importante in un momento in cui l’indifferenza e la rassegnazione portano alla rinuncia all’attivismo”.
- “Le piazze si stanno svuotando – ha poi aggiunto – ed i mezzi di comunicazione telematica sono pieni di parole vuote e di attacchi spropositati mentre la politica ha perso il piacere del confronto e dello scontro costruttivo tra le parti, che è alla base della democrazia. Siamo in un tempo dove la politica è oscurata da logiche economiche che creano marginalità e disuguaglianza. Per questo è necessario non delegare, è necessario che ciascuno comprenda l’importanza della sua partecipazione recuperando anche la nostra memoria storica. Ricordare la Resistenza partigiana, le mobilitazioni degli anni’60 e ’70 che hanno contribuito a combattere le prevaricazione mafiose, le lotte di Peppino. Servono punti fermi ed ugualmente dobbiamo pensare a quei momenti in cui si è sbagliato qualcosa”. Impastato ha anche ricordato le parole di Agnese Moro, figlia dell’onorevole della Dc ucciso dalle Br, nei giorni scorsi presente in un convegno in cui si sono messe in relazione le due uccisioni, avvenute nello stesso giorno. “Serve verità in questo Paese – ha proseguito Giovanni Impastato – Verità per Giulio Regeni, per cui siamo solidali con la famiglia. E serve il recupero della memoria che deve diventare poi impegno per esserci e costruire la storia”.
Dal balcone della ex casa di Impastato importanti sono le parole e di impegno che sono state rivolte, soprattutto ai ragazzi. Il professore Mario Belsito ha già invitato scuole e giovani all’evento dell’anno prossimo, mentre Carlo Bommarito, dell’Associazione Peppino Impastato, ha ringraziato anche le tante associazioni che hanno risposto “presente” alla chiamata. E’ stato Umberto Santino a ricordare le vittorie raggiunte, come la condanna di Tano Badalamenti e Vito Palazzolo, o ancora la relazione della Commissione antimafia sui depistaggi dove si certifica “come figure come Martorana e Subranni hanno oggettivamente coperto i mafiosi indirizzando le indagini verso la pista sbagliata”. “Peppino – ha aggiunto – praticava un’antimafia modernissima fatta di analisi e di quella che oggi si dice ideologia e cultura. Fatta di capacità di elaborazione e documentazione puntuale e corretta, fatta di una satira e capace di rovesciare la maestà del mafioso. E’ questa l’antimafia che dobbiamo recuperare”.
Ad infiammare i presenti ci ha pensato Vauro che ha ricordato a tutti il significato della parola “Compagno”: “Significa stare insieme, essere compagni di strada ed oggi abbiamo fatto la strada in questo modo, da compagni. I cento passi sono i passi dei compagni ed io a Peppino lo ricordo vivo, perché era ed è un Compagno. Una parola che non è vuota o antica come vorrebbero farci credere perché è anche una parola parte di chi ha fatto lotta contro la mafia. Un gioiello della militanza politica contro la sopraffazione, contro la negazione del diritto, contro l’affermazione violenta del privilegio”. “Oggi – ha aggiunto – siamo in una società dove c’è lo smantellamento dei diritti dello statuto dei lavoratori, dell’istruzione, della sanità. Siamo di fronte ad una politica che dello smantellamento dei diritti ha fatto il suo asse principale. Una politica che non è mafiosa nel suo senso giuridico del termini ma è mafiosa in quello culturale ed etico. E non c’è lotta alla mafia se non vi è una lotta per i diritti e per la giustizia”.
Aaron Pettinari su Antimafia Duemila