Intervento di Giorgio Zacco nel decennale della morte di Gino Scasso
Presso l’aula consiliare del Comune di Partinico, nel decennale della morte di Gino Scasso, più volte Consigliere Comunale e persino vice-sindaco con la giunta Cannizzo, Lega Ambiente Partinico, (circolo Gino Scasso), col contribuito di altre associazioni , ha organizzato un incontro, nel ricordo di quest’uomo, che ha rappresentato dentro e fuori le istituzioni, un punto di riferimento per i militanti della cosiddetta estrema sinistra. Dopo i saluti di rito e l’apertura da parte di Maria Teresa Noto Maria, esponente dirigente di Lega Ambiente Partinico, ci sono stati parecchi interventi, tra i quali quello di Beppe Nobile, (vedi foto) che ha ricordato la lunga carriera politica di Gino e la sua militanza nel PSIUP, nel Pdup , a quella in Democrazia Proletaria e nei Verdi. Salvo Vitale ha ricordato la presenza costante di Gino a Radio Onda Libera Partinico e a Radio Aut, la radio di Peppino Impastato, Antonella Ferrara, alunna di Gino, ha evidenziato come egli l’abbia avviato al giornalismo, Marina Costanzo, anche lei alunna e oggi insegnante, grazie alle grandi doti di educatore che Gino ha saputo trasmetterle. II tutto. con il coordinamento di Chiara Gibilaro, ex dirigente scolastico del Liceo Scientifico-Classico, dove Gino ha insegnato e con gli interventi istituzionali del Presidente del consiglio Briganò, che ha concesso l’aula, e del Sindaco Rao, che ha promesso una rapida soluzione sulla dislocazione della Distilleria Bertolino. Interventi anche dell’avvocato Tafarella, del dirigente regionale di Lega Ambiente, Tommaso Castronovo e quello Nazionale Stefano Ciafani.
Tra gli altri è sembrato più toccante l’intervento di Giorgio Zacco, amico di Gino nel periodo in cui egli lavorava a Trapani , che pubblico per intero.
Gino politico, educatore, ambientalista
Nella locandina che ricorda il decennale della morte di Gino Scasso, si dice una cosa giusta, e cioè che ci sono stati tanti Gino, l’ambientalista, l’educatore e il politico. Mi sono chiesto tra tutti questi qual’era il mio Gino, e me lo sto chiedendo ancora; probabilmente perché per me è stato tutte e tre le cose, insieme a tante altre, nel modo in cui può esserlo soltanto un fratello maggiore. Un fratello maggiore che non ti viene assegnato dal caso, per nascita, ma che ti scegli per ragioni non esplicitate e mai indagate, se non quando ti viene chiesto di parlare di lui in pubblico. Nei giorni che hanno preceduto questo incontro di memoria ho pensato che il mio contributo non poteva aggiungere nulla di rilevante rispetto ai ricordi di quanti hanno condiviso con lui, qua nel comprensorio di Partinico e nella provincia di Palermo, momenti di impegno collettivo per la trasformazione e il progresso della vita sociale della comunità. Qualche giorno fa ne ho parlato con Peppe Nobile, l’amico partinicese condiviso con Gino. Insieme abbiamo convenuto l’idea che forse poteva essere di qualche interesse proporre alcuni ricordi personali che potrebbero contribuire a tratteggiare la figura di Gino giovane, alla sua prima esperienza lavorativa, in una città che non conosceva e che non sentiva sua, in cui non era felice di risiedere, ma dove svolgeva l’importante ruolo di operatore culturale, rapportandosi con dei ragazzi che avevano l’età degli studenti a cui ha poi insegnato per il resto della sua vita, iniziando a svolgere quel ruolo di “educatore” che avrebbe mantenuto, anche professionalmente, nel futuro.Dopo il periodo trapanese, con Gino siamo rimasti amici, ci sentivamo e ci incontravamo spesso, ci raccontavamo le nostre vite e le nostre incertezze sentimentali; scambiavamo idee ed opinioni, e spesso eravamo in disaccordo, soprattutto perché a me sembrava che manteneva un modo troppo tradizionale di interpretare e fare la politica, anche se in realtà non avevo un modo alternativo da proporre, cosa che lui mi rimproverava, avendo ragione.Quello che mi colpiva di lui – e che amavo di lui – era l’entusiasmo che traspariva nei racconti delle sue attività, tutte vissute intensamente, con grande trasporto emotivo, ma anche con un entusiasmo a tratti ingenuo e fanciullesco, che a me piaceva tanto. Io gli raccontavo l’impegno antimafia dell’Associazione Ciao Mauro di Trapani, quello a sostegno degli abitanti dei territori occupati palestinesi con l’Assopace e l’Associazione Salaam Ragazzi dell’Olivo, il nostro impegno nella promozione del “Commercio Equo e Solidale”, e lui mi raccontava del suo impegno politico come consigliere comunale e provinciale, come assessore nella giunta guidata da Gigia Cannizzo, del suo impegno ambientalista contro la Bertolino, nel PDUP e in Democrazia Proletaria prima, poi nei Verdi, e, infine, nel circolo di Legambiente.
Il Centro Servizi Culturali di Trapani
Gino trascorse a Trapani, gli anni in cui lavorò al Centro Servizi Culturali e che si collocano tra la sua laurea e l’inizio dell’attività di insegnante, che gli consentì di risiedere stabilmente nella sua amata Partinico. I Centri Servizi Culturali erano una di quelle lodevoli iniziative nate tra la fine degli anni ‘60 e gli anni ‘70, per contribuire alla crescita culturale e sociale del mezzogiorno d’Italia. Si trattava di attività finanziate dal Formez e organizzate dalle Acli di allora, quelle che avevano abbracciato l’idea socialista di trasformazione della società. Gli operatori di questi centri erano stati arruolati tra giovani universitari o neolaureati, che si erano formati nell’impegno sociale e politico che caratterizzava quegli anni, nel movimento studentesco e nel movimento di rinnovamento del sindacato e della chiesa post conciliare. Questi centri gestivano in tanti comuni del sud, delle vaste biblioteche e organizzavano svariate attività culturali, rivolte principalmente ai giovani. Il primo incontro con gli operatori del Centro di Trapani avvenne nell’ottobre del ‘69 durante l’occupazione del Liceo Scientifico, e da quel momento in poi la sede del Centro diventò la casa del movimento degli studenti e di quei ragazzi, come me, assetati di conoscenza e di voglia di cambiare la scuola e il mondo. Gli operatori del Centro diventarono la nostra guida nell’impegno sociale e Gino era uno di questi. Lo avevo conosciuto ad Alcamo nel luglio del ‘70, durante una manifestazione di studenti che contestavano una commissione di esame di stato che in una brutta copia degli elenchi degli esaminati trovata per caso, decretava la bocciatura di alcuni di loro disegnando una cassa da morto accanto al loro nome. Tra gli operatori del Centro, Gino era forse l’unico in qualche modo legato alla sinistra storica (allora, infatti, militava nel PSIUP), mentre le esperienze degli altri operatori li portavano ad avere simpatie per quelli che poi diventeranno i gruppi della nuova sinistra. Anche noi ragazzi, in sintonia con i tempi, non avevamo simpatie per i partiti della sinistra storica, e questa cosa in qualche modo si riverberava anche su Gino, nel senso che tra di noi ragazzi, era quello che probabilmente raccoglieva minori simpatie.
La disponibilità di Gino:
Ovviamente anche io vivevo quei tempi, quei miti e quelle simpatie, ma più di altri mi ero avvicinato a Gino, un po’ perché ero stato il primo a conoscerlo, un po’ perché apprezzavo la sua sicilianità fortemente popolare che si esprimeva, anche e non solo, con quell’intercalare costantemente ripetuto e a me totalmente sconosciuto – nierbo! [1]-, ma soprattutto perché si rapportava con me, e con tutti noi, senza fare pesare la sua cultura, le sue maggiori conoscenze, in un modo che potrei definire “socratico”, senza mai imporre nulla, stimolando le nostre curiosità, offrendo, durante le nostre interminabili discussioni, delle chiavi di interpretazione della realtà e della politica senza imporre la sua visione delle cose, e dandomi degli opportuni consigli di lettura e di studio. Dalla segnalazione di un articolo che lo aveva interessato sulla rivista dei “Quaderni piacentini”, all’aiuto concreto che mi diede quando studiavo per il mio esame di stato, consigliandomi di abbandonare il libro di testo, adottando la sua letteratura italiana, quella scritta da Natalino Sapegno. Per la cronaca devo a lui e, ovviamente a Natalino Sapegno, se ho fatto un brillante esame, almeno in Italiano. Per il resto meglio lasciar perdere.
Quando noi ragazzi nell’autunno del ‘72 decidemmo di aderire a Lotta Continua, Gino non condivise la nostra scelta, ma non fece nulla per dissuaderci, anzi continuò ad aiutarci in tutti i modi; mostrandosi disponibile e partecipe all’elaborazione delle nostre attività, sulle scuole e oltre le scuole, continuando a darci consigli e consentendo a noi adolescenti di usare financo la sua casa come un rifugio, di cui avevamo tanto bisogno. Tutto questo, ripeto, come un fratello maggiore per noi ragazzi di allora che avevamo da otto a dieci anni in meno di lui. Ricordo com’era contento quando mi disse che sarebbe tornato nella sua Partinico perché aveva vinto il concorso per insegnare a scuola; io, lì per lì, ero contento per lui, ma ricordo anche il vuoto che sentì dopo, quando non potevo più contare sulla sua prudente radicalità e su un sano confronto sulle cose da fare e sulle scelte da operare. Gino, nonostante il tempo trascorso, ha lasciato a Trapani un buon ricordo tra i tanti che lo hanno conosciuto, soprattutto, ma non solo, tra i suoi colleghi che avevano avuto modo di apprezzare le sue qualità umane.
Ricordo di essere venuto a Partinico per le esequie di Gino insieme a Franco Gallucci, suo collega di lavoro e suo compagno nel PDUP e poi in DP, e insieme a Sergio Ferrari suo compagno nei Verdi. Il mio smarrimento e la mia tristezza, di allora e di oggi, è che sia Franco che Sergio sono andati via nei due anni immediatamente successivi alla morte di Gino, tutti e tre troppo presto, alla vigilia dei 70 anni, quando ancora potevano dare tanto alle nostre comunità. A dieci anni dalla sua morte mi avete dato un giorno felice, perché avete, perché abbiamo ricordato un uomo responsabile che ha speso la sua vita operando in modo disinteressato per il bene comune, e che, sotto un comportamento apparentemente burbero e poco espansivo, esprimeva in tutto quello che faceva una sensibilità straordinaria .Credo che a Gino si addice pienamente quanto scriveva Pippo Fava: “a che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”
[1] “Nierbu” è una versione partinicese del cinisaro “nervu”, usato al posto di “minchia”, come esclamazione.
Gino Scasso