Io non dimentico
Io non dimentico
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- Pubblicato: 09 Marzo 2016
Dialogo tra Salvo Vitale e Sonia Tabita Bongiovanni“
Peppino è vivo e lotta insieme a noi. Le nostre idee non moriranno mai”. 9 maggio 1978. Le urla dei giovani riuscivano a sentirsi per tutta Cinisi. Quei visi addolorati, ma allo stesso tempo ribelli, di tanti giovani che avevano voluto lanciare un messaggio, che avevano voluto accompagnare Peppino nel giorno del suo funerale. Quegli striscioni portati dalle centinaia di persone presenti, sono queste le cose che riescono a lasciare almeno un briciolo di speranza. È quello spirito ribelle, rivoluzionario, che può ancora farci credere in qualcosa. Quelle espressioni cariche di rabbia rendevano il momento ancora più tetro, la bara vuota, portata e trascinata dai suoi veri fratelli come Salvo Vitale, riempita soltanto di piccole parti del corpo di Peppino raccolte dai suoi amici e compagni durante la notte. Solo il pensiero mi mette i brividi. Poche ore prima Peppino rideva e scherzava con loro, poco dopo quelle stesse persone si trovarono di fronte alle sue budella, ai brandelli delle sue carni, al suo sangue, a parti del suo corpo sfracellate, sparse per la ferrovia della stazione di Cinisi. Con un azione compiuta in pochi minuti si può creare un evento in grado di sconvolgere e cambiare il futuro di milioni di persone. Ma tanto a noi che ci importa, giusto? Cosa ci importa di uno in più di quei tanti ragazzi siciliani morti, uccisi da persone che hanno in mano il potere? A noi cosa ci importa della mafia, della criminalità, cosa ci cambia a noi la loro esistenza? Di tutto quel sangue versato, delle ingiustizie a noi che ci importa? Noi siamo qui, a farci ognuno i fatti nostri, noi giovani di oggi siamo qui a pensare solo al nostro svago, a pensare a noi stessi e a quella che noi chiamiamo “felicità”. Ma cos’è veramente questa felicità che crediamo tanto di avere vicino? Che crediamo di vivere davvero? La felicità non è quella che pensiamo noi, la felicità è qualcos’altro; la felicità è avere un obiettivo, cercare la strada giusta da prendere, quella che può portarci davvero ad essere noi stessi. La felicità è lottare per cambiare il nostro domani, farlo attraverso le nostre passioni, farlo con accanto le persone che amiamo. La felicità è sacrificio, la felicità è coraggio, la felicità è altruismo, la felicità è umiltà, la felicità è amore. Solo quando capiremo quali sono i veri valori della vita e li metteremo in pratica, inizieremo a provare quella felicità di cui tutti parlano. Solo quando ci impegneremo a cambiare la società, saremo davvero felici. Ma noi siamo qui, a braccia conserte, indifferenti a tutto questo, facciamo il nostro minuto di silenzio in classe e poi chi se ne importa, domani morirà qualcun altro al posto di Peppino Impastato, di Paolo Borsellino o di Giovanni Falcone. “L’indifferenza uccide più della mafia” sono le parole del giudice Nino di Matteo, lasciato solo da tutti, anche da noi giovani. Perché siamo anche noi la causa di tutto questo, se noi fossimo diversi da come siamo forse la mafia non esisterebbe più, forse non ci sarebbero state tutte quelle stragi, forse tutto quel sangue non sarebbe mai stato versato. Dobbiamo pensare al nostro futuro, a quello delle future generazioni, dobbiamo smettere di essere menefreghisti, indifferenti, egoisti. E cercare di pensare un po’ di più al bene della società, perché se ancora non facciamo niente quando arriveremo a capire tutto questo forse ormai sarà troppo tardi. Peppino, Paolo, Giovanni, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il giornalista Pippo Fava, Don Puglisi, tutti loro e tanti altri hanno lasciato un segno, hanno lasciato scolpito dentro ognuno di noi il vero senso del coraggio, della rivoluzione, dell’amore per il popolo, i veri valori della vita, hanno lasciato dentro di noi quella causa per cui dobbiamo sentirci in dovere di batterci. Non dobbiamo dimenticarci che loro, martiri della nostra Italia, non si sono sacrificati invano. Voglio ricordare i loro sorrisi, i loro sguardi, i loro pensieri e le loro idee, idee che volevano portare al cambiamento, idee che volevano salvare la nostra società, “idee che continueranno a camminare sulle nostre gambe”. Questi nostri eroi ci hanno insegnato tutto questo, Peppino ci ha insegnato tutto questo, e a me non basta scrivere soltanto queste poche righe in loro memoria, a me non basta versare lacrime per quei fatti orribili accaduti, a me non basta. Io non dimentico.
Sonia Tabita Bongiovanni
“La memoria è un mostro: tu dimentichi, essa no. Archivia le cose, ecco tutto. Le conserva per te, o te le nasconde e le richiama, per fartele ricordare, a sua volontà. Credi di avere una memoria. Ma è la memoria che ha te” (John Irving). La memoria non mi ha dimenticato, è dentro di me, non credo, come dice Irving, di esserne schiavo o di ricordare “a sua volontà”. Ancora decido io cosa ricordare, anche se mi rendo conto che la ricerca di quel particolare anfratto, di quella radura in quella che Prevert definiva “la foresta della memoria”, non è mai casuale, rischia di incanalarsi in percorsi obbligati, negli scavi insondabili, spesso inesplorati del vissuto. Neanche io dimentico, non tanto e non solo perché è stato ucciso un compagno con cui condividevo il tempo e il pane, (compagno, cioè cum panis, persona con cui si condivide il pane), ma perché costruivamo insieme il modello di società in cui ci sarebbe piaciuto vivere, c’era in mezzo “L’Idea”, quella del titolo del giornale in cui Peppino scriveva già a 16 anni, un anno in più di te, quella che noi gridiamo che non morirà mai, ma che molti ignorano, hanno dimenticato, hanno rinnegato. Quelle idee con le quali molti hanno detto di voler continuare, ma a parole, perché già si erano fermati dopo la morte di Peppino, avendo perso il loro polo di riferimento, ma anche perché privi di chi pensava e lavorava per loro. Se queste idee che, ridotte in poche parole significano uguaglianza sociale ed economica, giustizia, libertà, rispetto per l’altro, fratellanza, ribellione alle ingiustizie, bellezza, arte, musica, riso, semplicità, spontaneità, comunicazione, amore continueranno a trovare qualcuno che se ne fa carico e le porta avanti, Peppino è ancora là, se invece, come succede nel nostro tempo, ognuno penserà solo a se stesso, Peppino sarà morto per sempre. Credo comunque che qualcuno continuerà ad esserci. Sogno che ad esserci siano in tanti.
Ciao Sonia!
Salvo Vitale
Nota: Sonia è figlia di Giorgio Bongiovanni, direttore di “Antimafia Duemila”, che ha pubblicato questo “dialogo” sul suo sito.