Gli allegri passeggiatori sul cadavere di Pino
Se siete rimasti sconvolti dal linguaggio di Pino Maniaci, dal suo essere scurrile, sborone, incazzoso, sboccato come un cane sempre arrabbiato e con il fanculo sulla punta della lingua allora, semplicemente, non conoscete Pino.
E per carità non ci sta mica scritto che voi dobbiate conoscerlo per forza ma ci vuole spericolatezza per stendere gli editoriali su ciò che si conosce appena.
Perché se, come leggo in giro, siete scandalizzati dai modi sappiate che quelli sono i modi con cui Pino ti chiama dopo mesi per dirti che gli manchi. Così. Uguali. Anzi, con un paio di parolacce in più.
L’imprinting di Pino Maniaci è stato confezionato su misura dalla Procura di Palermo. Nulla di male nel confezionare video chiarificatori sulla dinamica dell’indagine ad uso e consumi di una stampa abituata a stendere reportage con un paio di mail e una ricerca veloce su google: è che io, in quel video, insomma, non trovo il reato. Ma davvero. Vedo Pino prendere dei soldi da un sindaco (quotidianamente massacrato nel suo tg) ma non riesco a capire esattamente quel denaro in cosa consista. E davvero se il sindaco di Partinico ha corrotto Pino (con qualche banconota da 50 euro) per essere trattato bene nei servizi giornalistici, quegli stessi servizi che lo fanno fesso un giorno sì e l’altro pure, allora davvero sono Don Chisciotte e Sancho Panza. In salsa siciliana.
Per il resto sento Pino fare il gradasso come succede a chi cede alla tentazione di farsi fare “simbolo” di una battaglia che, grazie a dio, scalda i cuori. Sento Pino corteggiare (abbastanza pateticamente, caro Pino) una donna in un contesto in cui quel giornalista di provincia è l’unico in zona ad avere frequentato i salotti, roba da film, in certe realtà. In un territorio in cui molti inseguono una carezza del boss o un favore dal sindaco o una buona parola dal don lui, Pino Maniaci, arriva in televisione quella vera. In mezzo al provincialismo si diventa personaggi con un paio di minuti in prima serata. Che roba, eh?
Poi sento Pino esprimere pareri sferzanti (con il suo solito vocabolario dell’orrore) sulle forze dell’ordine e sulla magistratura. Mica tutta, ovviamente, perché Pino ci vive con le informative, le fonti giudiziarie, l’approfondimento dei processi e ci vive fianco a fianco con i carabinieri che lo tutelano. E, Pino, parla consapevole dei carabinieri che hanno depistato l’omicidio di Peppino Impastato, parla sapendo che proprio a Palermo un giudice (la Saguto) è accusata di reati gravissimi e voraci, parla sapendo (come sanno tutti quelli che si occupano di mafie) che un carabiniere corrotto fa più danni di quanti ne possano riparare 100 assemblee di istituto di giovani curiosi.
Poi, nel video promozionale dello sputo su Maniaci, ci si mette dentro anche la telefonata in cui Pino sfancula Renzi. E tutti: o che vergogna! Che se ci ascoltassimo nei nostri giudizi rivolti verso il premier, scommetto che basterebbe tenere per poco un registratore dentro un bar, se dovessimo trascrivere gli epiteti (o semplicemente basta leggere i comunicati stampa di Salvini) Pino sarebbe quasi un analista politico. Di questi tempi.
Poi c’è la vicenda dell’attentato dei cani, di cui non ha detto nulla (perché sono sicuro invece che tutti i sputasentenze di questi giorni farebbero una pubblica conferenza stampa se sapessero di avere fatto incazzare il marito della propria amante) e che, insieme a quella brutta frase che è un’onta alla memoria di Mario Francese, sono i due gesti che invitano alla delusione più profonda.
Resta, comunque, un video e un’immagine che ci restituisce un Pino cazzone. Com’è Pino del resto. E dovreste vedere quanti professoroni dell’antimafia ha fatto incazzare quando ha smentito fior di luminari con la prova dei fatti, l’andare per strada, il riportare la notizia. Perché Maniaci, segnatelo, ha fatto contro le mafie più di decine di onorevoli sazi. E se l’ha fatto con quest’umanità così debole e a tratti misera, se ha ottenuto quello che ha ottenuto pur essendo il Pino che ci stanno raccontando questo vi dice quanto siano vigliacchi alcuni di quelli che oggi ne celebrano la caduta. Vigliacchetti da conferenza, catering e hotel che vorrebbero imporci la moderazione perché non si notino troppo le differenze. Telejato ha formato una rete di giovani giornalisti per strada, telecamera in spalla, guardando negli occhi con il microfono in mano i famigliari dei boss: quei ragazzi oggi sono un valore che nemmeno la più grande puttanata di Pino Maniaci può minimante schizzare. Chi usa queste intercettazioni per sminuire un laboratorio di giornalismo antimafioso (con Salvo Vitale, con Riccardo Orioles, gente che si porta con sé una storia per cui il divismo antimafioso contemporaneo non riesce a valere nemmeno un’unghia di quei due) fa il gioco della mafia. Per superficialità (ma non è una buona scusa) converge nei festeggiamenti come festeggia un Messina Denaro o qualche uomo di legge compromesso e corrotto. Sono osceni coloro che passeggiano sul cadavere di Pino calpestando una redazione che c’è, c’è stata, è memoria ed è molto più della faccia del suo direttore.
Detto questo Pino temo che questa volta abbia ceduto alla sua debolezza. Spero di essere smentito ma dovrà essere molto convincente. Dicono che oggi dovrebbe parlare. Ascolteremo. Ma sappiate, e lo dico a quelli che sognano un eroe che si faccia il mazzo per il riscatto degli altri, sappiate che nonostante una narrazione antimafiosa spesso tra il mito o l’arzigogolato, sappiate che nemmeno Peppino Impastato probabilmente vi sarebbe piaciuto. Ci sono antimafiosi che purtroppo non rientrano nei vostri canoni. Per fortuna. Ci sono persone che si intrufolano in battaglie enormi eppure sono più viziosi, più deboli, più stanchi, più cedevoli di coloro che li ammirano. Funziona così. E se vi turba pensare che anche Falcone fosse chiacchierato per qualche vizio, allora sappiate che forse avete semplicemente il fottuto di terrore di capire che dovreste darvi da fare anche voi. Ce la fate anche voi, se decidete di metterci la faccia. Anche con i vostri vizi.