Lo strano caso di due genitori nonni privati della figlia. Nè genitori nè nonni

 

Deambrosis th E’ successo a Mirabello Monferrato, un paese del Piemonte. Una storia che dimostra come, da parte di alcuni tribunali in Italia  si proceda con sistemi disumani e spesso feroci, degni di un regime autoritario, con l’alibi e l’ipocrisia di giustificare il proprio operato “per il bene del soggetto in causa”. Lei, Gabriella Carsano aveva 57 anni, lui Luigi Deambrosis 69,  quando, dopo avere avanzato al tribunale diverse richieste per l’adozione di un bambino, respinte a causa dell’età, ricorsero, all’estero alla fecondazione eterologa, desiderosi, come è scritto pregiudizialmente nella sentenza,  di «soddisfare a tutti i costi i propri bisogni che necessariamente implicano l’accantonamento delle leggi di natura», Ne nacque una bambina e i due vennero in paese chiamati “i genitori-nonni”. Quindici giorni dopo  la nascita  i genitori furono accusati, grazie alla solerzia di una vicina di casa, di avere abbandonato la bambina in macchina per alcuni minuti: si trattò di sette minuti di “solitudine” , di fronte casa perché Deambrosis era tornato indietro a prendere la moglie. Probabilmente un rapporto burrascoso con i vicini fu all’origine di tutta la vicenda. La bambina venne strappata ai genitori e affidata ad altri. Era il 2011, la bambina aveva un anno e fino al 2013 ha potuto incontrare i genitori biologici, sotto il controllo delle autorità. Poi una sentenza della Corte d’Appello di Torino e la successiva conferma in Cassazione hanno addirittura ordinato che i genitori non dovessero più vedere la figlia con strane motivazioni verniciate di psicologia,  essendo stata rilevata, da parte della madre, «una modalità distonica di rapportarsi con la bambina», poichè per lei «il mondo esterno è visto come una proiezione dei propri desideri o bisogni, indipendentemente da un esame obiettivo della realtà».

Intanto  Il padre,  è stato assolto in tutti e tre i gradi di giudizio nel processo parallelo per l’accusa di abbandono di minore, ma la Cassazione non ha voluto sentire ragioni confermando l’adottabilità della minore e quindi lasciandola ai suoi attuali genitori adottivi    Adesso la legale dei due genitori-nonni ha inoltrato un ricorso speciale alla Cassazione, dal momento che dietro la conferma dell’adottabilità della bambina, non possono più esserci né l’abbandono, né l’età avanzata dei due genitori, salita ormai a 75 per Luigi Deambrosis e a 63 per Gabriella Carsano. Ora si attendono le motivazione della Corte.

Oggi la bambina ha sette anni e non conosce i suoi genitori biologici  Secondo  l’ex Presidente del Tribunale dei Minori di Roma, Milano e Napoli Melita Cavallo “I giudici dei minori devono guardare all’interesse del bambino anche a costo di causare un grande dolore agli adulti”

«Certamente – commenta la legale dei due genitori naturali Boscagli – la sentenza ha tenuto conto dello stato attuale della bambina, che vive con un’altra famiglia e del possibile trauma dovuto ad una separazione. Ma prima o poi bisognerà spiegarle che i suoi genitori sono altri e come mai è stata allontanata. Confidavamo in una Corte più coraggiosa che considerasse i genitori naturali come una coppia in grado di prendersi cura della figlia». Secondo la presidente dell’Associazione degli avvocati per la famiglia e minori del Friuli, Maria Antonia Pili, quella dei coniugi Deambrosis è «un’abnormità giuridica che fa male a due famiglie: quella che perso la bambina e quella che l’ha adottata».

A seguito di questa allucinante vicenda giudiziaria, il cui risvolto più odioso è quello del divieto, imposto ai due genitori-nonni di incontrarsi con la figlia, ecco il commento di Mauro Mellini, già deputato radicale per varie legislature ed esperto dei problemi che caratterizzano l’operato della magistratura italiana:

UN ORRORE PER COPRIRNE UN ALTRO

“Il settore della giustizia minorile, proprio perché dovrebbe essere quello in cui tutto dovrebbe svolgersi nel segno della prudenza, del buon senso, del rispetto del corso naturale delle cose, è, invece uno di quelli, assieme al penale, in cui più arrogante ed invasiva appare la prevaricazione, il pregiudizio, la pretesa di “rifare il mondo”. Quando ero Deputato dovetti occuparmi, con interrogazioni parlamentari (che lasciarono il tempo che avevano trovato) di molti casi abnormi di provvedimenti con i quali i figlioletti erano stati strappati ai genitori per i più assurdi dei motivi. Coniai allora un termine, che avrebbe meritato di essere adottato e di rimanere nel lessico, almeno in quello giornalistico, se non in quello giuridico: “kidnapping giudiziario”.
Offese manifeste del buon senso, mania, si direbbe, di dar prova di saperne fare a meno, pretesa di onnipotenza dei convincimenti soggettivi al di sopra della ragione e della legge. E, d’altro canto, in apparente contrasto con tutto ciò, il passivo rimettersi dei giudici alle storture ed all’ignoranza dei cosiddetti Servizi Sociali. A tutto ciò ripenso in questi giorni in cui le cronache ci mettono sotto gli occhi uno di questi casi, quello del paese del Monferrato, dei coniugi Deambrosis. Caso, dunque, non nuovo. Ma nel caso di Deambrosis c’è qualcosa di più. C’è il vizio di fondo della giustizia italiana (e forse non solo italiana): quella di negare i propri errori, di attribuirsi una sorta di infallibilità autoreferenziale, per la quale l’errore giudiziario non esiste. O è come se non esistesse. L’”errore giudiziario non esiste”, diceva il Presidente del Tribunale Supremo di Todo Modo di Sciascia. Tecnicamente, del resto, l’”errore giudiziario” è solo quello nelle sentenze passate in giudicato. Mandati di cattura, sentenze nei primi gradi non sono “errori giudiziari”, anche quando sono un orrore. Orrore sulla pelle dei cittadini. E, poi, la “revisione” per provvedere alla “riparazione” di ciò che magari è irreparabile, essa è ammissibile solo se “sopravvengano nuove prove”. Come dire: andava bene così per come la cosa si presentava, ma se poi vien fuori dell’altro…mica è colpa nostra…cavoli vostri. A ben vedere, nel caso Deambrosis si è andati oltre. Perché da un errore giudiziario, anche se non definibile “tecnicamente” come tale, si è passati all’errore, anzi, orrore, dello strappare definitivamente la bimba ai genitori. Dall’addebito ai coniugi di un reato manifestamente inesistente, “l’abbandono di minore”, ché tale non è il fatto che era stato ascritto ad essi per aver lasciato un momento la bambina nella macchina, come aveva riferito qualche volenteroso vicino di casa, si è pervenuti ad un ulteriore orrore giudiziario sottraendo ai genitori in via cautelare la piccola ed affidandola a terze persone.  Altro orrore giudiziario. Quando, poi l’imputazione è stata definitivamente dichiarata insussistente, invece di cercare un sia pur tardivo e sicuramente insufficiente rimedio ai precedenti orrori dell’aver strappato la piccola ai genitori, il Tribunale dei Minori e Corte d’Appello hanno pensato bene di perpetuare l’orrore di quel forzoso ed incauto affidamento. Perché turbare la vita della bambina con un “inopportuno” ritorno dai suoi genitori? Si sono preoccupati di “evitare traumi”. Solo allora. La giustizia ingiusta, come dice il proverbio, avendo fatto trenta, ha voluto fare trentuno. L’errore-orrore più grosso copre quello più piccolo, quello più recente copre il precedente. E, così giudicato in diritto, non è più un errore, solo un orrore. Non facciamo confusione.”

Nella foto i coniugi Deambrosis

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