5 dicembre 2017
Arrestata donna boss, ma non è una novità
Sembra che i giornali stiano scoprendo oggi l’esistenza di una donna boss, detta “a patruna” e indicata come la “reggente” della famiglia di Resuttana, una borgata della periferia palermitana. In realtà, si tratta di figlia d’arte , ed ha incrementato le sue quotazioni sul campo sposando Salvino Madonia, indicato come il killer di Libero Grassi, anche lui esponente di una famiglia mafiosa di salde tradizioni e radici. I due si sposarono nello stesso giorno dell’attentato a Falcone e la notizia venne accolta dai Madonia con un brindisi, come un regalo di nozze. Mariangela è figlia di Ciccio Di Trapani, indicato, dal pentito Salvatore Palazzolo, come uno dei killers di Peppino Impastato: il boss, dopo anni di militanza nel clan Badalamenti, passò con i corleonesi, arrivando a uccidere, il 6 ottobre 1984 il genero Leonardo Rimi, che sembra stava preparando qualcosa contro di lui, per conto di Tano Badalamenti: Ciccio alla figlia Giusy portò come prova del delitto il Rolex d’oro che Rimi portava al polso. Il passaggio del clan Di Trapani dalle truppe di Gaetano Badalamenti a quelle dei corleonesi, consumato alla fine degli anni 70, fu decisivo per la vittoria di Totò Riina e dei suoi complici. Ciccio Di Trapani venne “cunsatu” dai parenti, sul suo letto, essendo morto per infarto. L’altro figlio di Ciccio , Nicola Di Trapani, è in carcere al 41 bis, avendo, per parecchio tempo comandato la cosca di Resuttana. Ma anche gli altri fratelli di Ciccio, Michele e Diego, particolarmente quest’ultimo, sono entrati e usciti diverse volte dal carcere, con pesanti accuse per associazione mafiosa. Nel maggio 2010 Maria Angela è stata condannata a 10 anni per associazione mafiosa, avendo preso le redini del clan dopo l’arresto del marito. Nello stesso processo è stato condannato uno zio, Michele Di Trapani, a 10 anni e 8 mesi al quale sono stati sequestrati beni per 22 milioni di euro. Nello specifico il capitale sociale della “Intral” (Industria Trasformazione Legno, intestato alla nipote Di Trapani Giuseppina, con sede a Cinisi in contrada Vecchio, assieme ad immobili siti a Palermo, in via Casalini, e a Cinisi in via G.Orlando: si aggiungano tre appezzamenti di terra, uno dei quali in contrada Margi-Bonanno, un magazzino e un ufficio, e 4 depositi a risparmio. Sempre a Cinisi, a Vincenzo Sgadari, altro mafioso della famiglia, sono stati sequestrati 4 immobili, oltre che un cavallo battezzato “Iraq”.Gli interessi dei mafiosi di Cinisi,il cui attuale presunto reggente Gaspare Di Maggio, figlio del fu centenario Procopio e fratello di Peppone, ucciso in un’oscura vicenda di mafia, è stato condannato per l’omicidio di Giampiero Tocco, sembrano essersi spostati nell’area metropolitana della capitale. Leggiamo su “Antimafia Duemila: “In una intercettazione il fratello ne parla con tenerezza: “Mariangela ha sofferto da picciridda” perché – questo il suo racconto – durante la latitanza del padre “a scuola non c’è più andata per amore di mio padre e di me… perché se ne è voluta venire con noi”. La Di Trapani sfruttava i colloqui in carcere col marito e i cognati Nino e Giuseppe, entrambi ergastolani, per mantenere i contatti dei familiari col mandamento di Resuttana, guidato dai Madonia dai tempi in cui a comandare era il suocero di Mariangela, Francesco. La donna avrebbe preso le redini del clan, e il peso che la famiglia Madonia continua ad avere in Cosa nostra. Tra le decisioni veicolate all’esterno grazie al contributo della Di Trapani, secondo gli inquirenti che l’arrestarono nel 2008, ci sarebbe stata quella di eliminare l’allora reggente di San Lorenzo Giovanni Bonanno, che, oltre a fare la cresta sulle casse del clan, avrebbe messo in giro la voce che il figlio di Mariangela e Salvino Madonia, Francesco, fosse frutto di un tradimento e non di un concepimento in provetta. Un affronto che non poteva restare impunito. “La risposta che tu devi dare a Salvo è che quello non c’è più” diceva Nino Madonia a Mariangela, che poi avrebbe trasmesso il messaggio al marito. Bonanno scomparve nel gennaio 2006 e un mese dopo il boss Salvatore Lo Piccolo scriveva un pizzino a Bernardo Provenzano, ancora latitante: “Purtroppo non c’è stato modo di scegliere altre soluzioni. E a questo punto abbiamo dovuto prendere questa amara decisione”. E comunque, nulla di nuovo sotto il sole: dopo Giusy Vitale e Patrizia Messina Denaro ecco un altro esempio di come ormai l’uguaglianza dei sessi e le pari opportunità si siano diffuse anche tra i mafiosi.