!° Maggio: niente da festeggiare
La festa dei lavoratori dovrebbe essere la festa di chi lavora. I lavoratori in Italia non arrivano a 23 milioni, tra i quali, negli ultimi anni continua a crescere il numero degli occupati con più di 35 anni e in particolare gli over 50. Il numero di persone occupate tra i 15 e i 34 anni di età è rimasto stabile a 5 milioni nel corso degli ultimi tre anni. Poco più di 5 milioni sono lavoratori autonomi (partite IVA, professionisti, consulenti) mentre 17 milioni sono dipendenti. Tra di loro, 14,8 milioni sono lavoratori a tempo indeterminato, mentre 2,4 milioni sono a tempo determinato. Difficilmente valutabile il numero di disoccupati, stimabile in circa 5 milioni e quello degli inoccupati, che, in totale sfiducia, hanno rinunciato persino a dichiarare la loro posizione. Insomma, siamo messi bene, dopo Grecia e Turchia. Per questa gente non è festa. Non si può festeggiare il lavoro che non c’è. Per gli altri più che una festa si dovrebbe celebrare un funerale, date le altissime fasce di sfruttamento, l’impressionante livello della disoccupazione giovanile, il numero sempre più crescente di persone, si parla di 150.000 l’anno, soprattutto giovani, che cercano lavoro all’estero, per non parlare delle incalcolabili fasce di lavoro nero, che sfugge a ogni controllo. Per costoro non c’è festa, come non ce n’è per tutti quelli che sono obbligati a lavorare, soprattutto nei supermercati, anche in questa giornata in cui dovrebbero festeggiare con un meritato riposo la fortuna di avere un lavoro. E comunque, vediamoci lo stesso a Portella della Ginestra, dove non c’è più Giuliano che spara. Non ce n’è più bisogno: nessuno sciopera più, e i padroni, grazie all’abolizione renziana dell’art. 18 possono “impallinare” i lavoratori come e quando vogliono.