4 dicembre 1563: l’amaro caso della baronessa di Carini
Il 4 dicembre 1563 venne uccisa Laurea Lanza baronessa di Carini. Era nata a Palermo nel 1529, da Cesare Lanza, barone di Castania e di Trabia, un nobile spregiudicato, violento, soprattutto nella gestione dei suoi affari. Laura era nata dalla prima moglie, Lucrezia Gaetani, una ricca ereditiera catanese che, nonostante fosse già un’anziana vedova, gli fu promessa sposa quando ancora egli era un bambino e che sposò dopo quattro anni, quando ancora non aveva compiuto i 14 anni.
Anche la baronessa fece un matrimonio, di convenienza e in giovanissima età: nel 1543, anche lei all’età di 14 anni sposò il sedicenne Vincenzo La Grua e Talamanca, barone di Carini., appartenente ad antica e nobile famiglia siciliana, ma in difficoltà economiche. Il suocero lo associò nei suoi affari, e il barone, uomo di debole personalità, inetto, privo di capacità e di iniziativa, rimase sempre succube della sua prepotenza
Dal matrimonio con il barone, la baronessa ebbe sei figli , crescendoli nel castello di Carini, dove era chiusa e prigioniera del suo squallido ruolo di moglie, mentre il marito trascorreva gran parte dell’anno in un suo palazzo a Palermo , al servizio e succube del suocero , per occuparsi di uno zuccherificio, in società con lo zio Ludovico Vernagallo e con il fratello di lui Alvaro. Ludovico aveva sposato una sorella del padre del barone, mentre Alvaro possedeva alcune terre nella vicina Montelepre ed era padre di tre figli Durante una delle sue visite a Carini la baronessa lo conobbe e se ne innamorò. La tresca continuò per due anni all’insaputa del marito, che ormai aveva rari rapporti con la moglie. Vernagallo entrava di notte nelle stanze della baronessa, novello Romeo con una scala di corda ed era solito restarvi “por dos y tres meses continuos comiendo y durmiendo con ella”. Il 4 dic. 1563 il padre aveva deciso di passarre il fine settimana con la figlia a Carini, e mentre da Palermo era ormai vicino al castello di Carini, mandò avanti un servo ad avvertire il genero e la figlia del suo arrivo. Quando il barone seppe la notizia corse ad avvertire la moglie e la trovò nelle sue stanze con il Vernagallo, restandone sconvolto. Aspettò l’arrivo del suocero che decise sull’istante di ucciderla insieme all’amante. Entrò, con il genero nelle stanze della baronessa e le fece sgomberare dalla servitù e con due colpi di archibugio uccise i due amanti, poi aprì le porte delle stanze della figlia e invitò il suo seguito e la servitù del castello a prenderne atto. Le due salme vennero portate nella chiesa madre, ma, prima di essere seppellite furono esposte sulla piazza del paese, per rendere manifesto ai Carinesi e a quanti sapevano dell’adulterio, ma non avevano parlato, che l’onore del padre era stato riscattato.
Dopo l’omicidio, per sfuggire alla giustizia il barone fuggì a Roma, colpito da bando e confisca dei beni. chiese di presentarsi personalmente al re di Spagna Filippo II il quale sentenziò che malgrado la legge vigente riconoscesse al marito il diritto di uccidere la donna sorpresa in flagrante adulterio, poiché l’omicidio era stato commesso dal padre alla presenza del marito era quindi come se l’avesse commesso il marito stesso. Quindi gli fu permesso di rientrare incolume in Sicilia, dove fu reintegrato nel pieno possesso dei suoi beni e del suo ruolo di “uomo d’onore”
Anche il marito, dopo un breve periodo di carcere venne riconosciuto innocente, e si risposò per due volte per far credere che aveva cancellato il ricordo della prima moglie e dell’adulterio che l’aveva condotta alla morte.
Il ricordo dell’atroce fatto di sangue restò tuttavia profondamente impresso nella memoria popolare che dette vita a una leggenda in prosa e ad una fortunata storia in ottave siciliane trasmessa oralmente e di cui fece una prima registrazione scritta (ma di due sole ottave) nella seconda metà del sec. XVIII il marchese di Villabianca. E una più accurata elaborazione lo studioso di Borgetto ed etnoantropologo di Borgetto Salomone Marino,
Esistono diverse versioni dell’episodio: secondo un’ipotesi abbastanza plausibile, esisteva un rapporto incestuoso tra padre e figlia, nell’ambito di un infame obbligo che aveva condannato la donna a un’assurda fedeltà all’amore impossibile del padre, occultato da un matrimonio con un marito che era solo l’ombra e lo specchio esterno del padre.
Rispetto alla tradizione popolare di un padre che avrebbe ucciso la figlia per via del suo amore illecito con il cugino Vernagallo ci sono alcune varianti in cui si parla della baronessa come di una giovane nubile, altre in cui è presentata come una donna matura e madre, altre ancora in cui si dice che fu lo stesso barone di Carini a diffondere, naturalmente dopo un certo tempo, una versione camuffata nella quale egli sostituiva al suocero come assassino appunto di una figlia di nome Caterina e non della moglie. La tradizione ha poi riportato la presenza dell’impronta di una mano insanguinata nella stanza del castello in cui avvenne il delitto. E, in ogni caso, “delitto d’onore fu….”