10 febbraio: morti giusti e morti sbagliati
10 febbraio: E’ la cosiddetta “Giornata del ricordo”, designata come tale da una legge dello Stato Italiano, approvata nel 2004 su una proposta di legge, primo firmatario il camerata Ignazio La Russa. Giorgio Napolitano, anticipato addirittura da Bertinotti, allora presidente della Camera, ha fatto “sua” questa commemorazione, cercando di legare ad essa l’identità italiana e la condanna verso il comunismo slavo di Tito, responsabile a suo parere degli eccidi verificatisi dall’8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947, in Istria, Dalmazia e nelle province dell’attuale confine orientale. Particolare riferimento è fatto agli “infoibati”, cioè gettati in profondi burroni o foibe. Vengono esplicitamente esclusi dal riconoscimento coloro che sono stati uccisi mentre facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia. Il 10 febbraio 1947, giorno della firma dei trattati di pace di Parigi: da quel giorno gli italiani dell’Istria divennero slavi, e quindi non c’è più bisogno di ricordare i successivi morti.
Pietro Grasso, presidente del senato, nella celebrazione del 2014 ha detto: “Non possiamo dimenticare e cancellare nulla; non le sofferenze inflitte alle minoranze negli anni del fascismo e della guerra, né quelle inflitte a migliaia e migliaia di italiani.” Grasso ha provato a rimettere in piedi una storia che sembrava pendere da una sola parte, ovvero da quella delle vittime dei partigiani di Tito , dimenticando l’oppressione fascista delle minoranze slovene e croate incluse nel Regno d’Italia dopo la Grande Guerra, private della loro lingua e della loro cultura, ma soprattutto ignorando i crimini commessi dal 1941 al 1943 dai fascisti italiani per ordine di Mussolini: questi antecedenti sono alla base della “controviolenza” successiva.
Malgrado le rivendicazioni da sinistra di Napolitano, la giornata del ricordo nacque ed è rimasta una giornata con precisa identità della destra italiana, che si preoccupa di sponsorizzarla e mantenerne il monopolio. Non a caso, sui circa 1000 riconoscimenti consegnati circa 300 risultano attribuiti a militari inquadrati nelle formazioni di Salò, Carabinieri del Regio Esercito confluiti nella Repubblica Sociale Italiana, poliziotti, finanzieri e militi della Milizia di difesa territoriale: tutti uccisi dagli jugoslavi, in buona parte dopo la fine delle ostilità. Cinque italiani uccisi dagli jugoslavi e decorati con l’onorificenza furono accusati dalla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia di essere criminali di guerra. Secondo stime mai opportunamente vagliate e documentate, le vittime in Venezia Giulia e nella Dalmazia sarebbero state circa 11.000, comprese le salme recuperate e quelle stimate. Gli sloveni nel 2005, cioè l’anno dopo, hanno istituito a Lubiana ha istituito la giornata del 15 settembre come “Festa nazionale del ritorno del Litorale alla madrepatria.», in ricordo delle vittime trucidate dagli italiani e dei patimenti subiti da parte delle truppe nazifasciste.