L’ulivo è il primo fra tutti gli alberi
“Olea prima omnium arborum est” scriveva il naturalista latino Columella. Questo prodotto della terra, contiene elementi e ha proprietà miracolose. Senza dubbio è uno degli elementi della longevità delle popolazioni mediterranee. Recentemente è stato scoperto che è prezioso anche per la cura del diabete e per proteggere i bambini dall’obesità.
Quest’anno la raccolta delle olive va avanti a fasi alterne, nel senso che ci sono zone, specialmente quelle costiere con un’ottima produzione, altre, specie nella fascia pedemontana, più scarse. Buona parte delle olive sono già a terra, attaccate dalla mosca olearia Anche la resa delle olive non è omogenea ed è calcolata con sistemi che variano da un posto all’altro.
Premesso che, nel rapporto peso-olio il peso delle olive è in chili, mentre quello dell’olio è in litri, e che c’è quindi una differenza che non viene calcolata, la media è fatta sulla base del “sacco di macina”, che è di 33 chili: tre sacchi corrispondono a cento chili. Se cento chili di olio rendono in media 15 litri di olio, l’oliva “ietta” a cinque, cioè cinque litri per ogni sacco da 33 chili. Più semplicemente basta dividere il peso delle olive per la quantità dell’olio ottenuto. Oggi più sbrigativamente ci si ferma alla percentuale di resa per ogni 100 chili. La resa si aggira dal 12 al 22% e dipende da molti fattori, essenzialmente dal grado di maturazione delle olive, dal tipo di oliva, dal tipo di terreno in cui cresce l’albero, dalla potatura, da eventuali irrigazioni, concimazioni, aratura e trattamenti di disinfestazione. Sono i comuni in cui esiste un’anagrafe dell’olio, e che si preoccupano di calcolare la quantità d’olio realizzata sommando quanto molito dai vari frantoi della zona.
Un buon olio si valuta dalla maggiore o minore intensità, data da tre elementi fase, il fruttato ovvero il profumo, l’amaro e il piccante. C’è gente che giudica sbrigativamente in modo negativo un olio che pizzica il palato o brucia un po’ la lingua, ma si tratta di inesperti che pretendono di sapere e ai quali si può vendere, con loro grande soddisfazione, un olio scarso e magari “miscatu”, cioè con aggiunta di olio di semi o di olio vecchio.
Il colore è del tutto ininfluente nel valutare la qualità, perché cambia costantemente, (olio verde chiaro, giallo, verde scuro, marrone ecc.) sia in rapporto alla luce che alla conservazione, che alla contrada di provenienza: anche la densità non è fondamentale: ci sono oli ben sedimentati, con la morca che, dopo qualche mese si deposita sul fondo e che bisogna togliere travasando, e olii che presentano residui di molitura, che alcuni preferiscono mantenere.
Olive sane, molitura accurata e conservazione sono i tre elementi che qualificano l’olio: non deve passare molto tempo dalla raccolta alla macina, possibilmente occorre, come fanno i grandi produttori, macinare nel giorno stesso in cui si raccoglie, perché l’oliva messa a stazionare, specie nei sacchi di plastica, perde molte qualità e sapore.
La conservazione è affidata anch’essa a tre elementi di base, l’aria, la luce e il calore. L’aria è nemica dell’olio, ne disperde il profumo e ne modifica il sapore: è preferibile conservare l’olio in bidoni d’acciaio che abbiano un rubinetto nella parte inferiore, in modo che, al momento del trasferimento in bottiglia non si introduca aria nel contenitore, ma è anche importante preservare l’olio al buio, lontano da fonti di luce e di calore, tenuto conto che la temperatura ideale non dovrebbe scendere sotto i cinque gradi né andare oltre i 25.
Un buon olio extravergine di oliva non deve avere più dello 0,8 di acidità e la qualità dell’olio va anche valutata sulla base di questo elemento, a partire dal tasso minimo, che è dello 0,2, cioè un olio leggerissimo che non dovrebbe causare disturbi di alcun tipo, ma solo vantaggi nutritivi e degustativi. L’olio vergine ha, come quello extravergine un grado di acidità valutabile dallo 0,8 a due gradi, il resto è da rettificare, cioè da affidare a macchinari che sono in grado di far diventare appetibile, colorato e profumato anche l’olio più scadente.
Non ci inoltreremo su note tecniche legate alla presenza di polifenoli e alle varietà di alberi di olivi presenti: senza dubbio il re degli ulivi è il cerasuolo. Una nota merita anche il tipo di potatura: nel trapanese è tipica la potatura bassa, in modo da facilitare la raccolta.
Il prezzo quest’anno varia dai cinque ai sei euro al litro, un euro in più per quello biologico, direttamente alla macina, ma ci sono zone in cui si arriva anche a otto euro. Quando c’è concorrenza e quantità i produttori possono anche abbassare di qualche euro la cifra, pur di realizzare subito il guadagno. Purtroppo, soprattutto nel meridione, non è invalsa la capacità, per gli olivicultori, di sapersi associare in cooperative per mantenere e difendere una valutazione omogenea del prodotto, una difesa della categoria e una filiera di distribuzione. Tutto è affidato alle conoscenze del privato, ai suoi clienti, alla vendita senza controllo e senza fattura.
Una delle sette meraviglie della natura, la “muffuletta caura cunsata cu l’ogghiu appena nisciutu r’a macina”. (schiacciata calda condita con olio appena uscito dal frantoio), magari con un pizzico di sale e pepe. Se poi si vuole raggiungere l’orgasmo, basta aggiungere del caciocavallo, o, come fanno nei pesi di mare, un’acciuga salata.