una ferita all’antimafia vera: La lettera di alcuni docenti su Repubblica Palermo del 26/05/2023
Il 23 maggio 2023 a Palermo, forse per la prima volta nella storia delle manifestazioni antimafia, ad un gruppo di cittadini, tra cui molti studenti e studentesse della scuola secondaria superiore e dell’Università, sindacalisti, membri di varie associazioni del terzo settore, comuni cittadini e cittadine non è stato consentito di esprimere liberamente, così come previsto dal primo comma dell’art. 21 della Costituzione, il loro punto di vista in merito al pericolo di infiltrazioni mafiose in luoghi decisionali del nostro Paese e alla nuova pericolosissima fase di “sommersione” delle mafie.
Siamo docenti che fanno attività educativa antimafia nel contesto del No Mafia Memorial e in molti altri ambiti. Giornalmente ci battiamo affinché i nostri giovani maturino un pensiero critico e autonomo ed esercitino la libertà di espressione nel rispetto della diversità di opinioni.
Esprimiamo il nostro totale sdegno e disappunto per il maldestro tentativo politico che ha costretto le forze di polizia ad intervenire contro gruppi e associazioni che in maniera pacifica, e con semplici creazioni satiriche hanno provato a far riflettere su alcuni comportamenti politici. Immaginiamo facilmente che a nessuno piaccia essere criticato, ma una classe politica che non affronti il libero diritto alla critica da parte dei propri cittadini, non possiede la maturità necessaria per guidare una comunità sia essa locale, regionale o nazionale.
Questo tipo di censura esercitata il 23 maggio 2023, decostruisce la partecipazione e lo stesso senso della cittadinanza che la scuola italiana coltiva seguendo la Costituzione, e immagina una comunità divisa in tifosi di chi governa “contro” tifosi di chi ha idee diverse, spaccando in due una società civile che deve concorrere allo stesso obiettivo: combattere la mafia e chi l’accetta direttamente o indirettamente nelle sue forme culturali, politiche, produttive, valoriali.
Da educatori chiediamo alle autorità che si sono assunte la responsabilità di inviare le forze di polizia contro i manifestanti antimafia invece che contro i delinquenti reali, di riflettere su quanto accaduto, evitando, in ogni modo e per amore del nostro Paese, che i fatti del 23 maggio divengano l’inizio di una nuova fase in cui il diritto a manifestare il proprio pensiero sia solo riservato ad una parte.
I giovani che hanno trovato la loro strada sbarrata non hanno ben compreso perché lo Stato li abbia considerati non come la cura per cambiare e sradicare la società ancora mafiogena in cui viviamo, ma come la malattia da trattare con durezza perché pericolosa per la stessa classe politica.
Questo può generare in loro un senso di frustrazione che potrebbe inasprire il conflitto e indebolire la partecipazione non-violenta alla vita civile.
Se c’è un nemico che dobbiamo combattere non è il pluralismo dentro la società civile, ma la presenza di sacche di mafiosità diffuse dentro un Paese che non riesce a investire le proprie risorse ed energie migliori contro il suo vero nemico: la mafia e i suoi intermediari, sempre pronti a tradire la propria comunità in nome di interessi loschi e criminali.
Tutti sappiamo che l’unico modo per sconfiggere le mafie, soprattutto in questa nuova fase di infiltrazione “sommersa”, è far crescere la consapevolezza dei valori di democrazia e il rispetto delle leggi e delle altre persone della comunità.
Queste consapevolezze devono crescere a cominciare dall’educazione e in tutte le regioni del Paese perché le infiltrazioni delle mafie non hanno limiti geografici.
Bisogna che il sistema educativo e le istituzioni riparino a ferite come quelle del 23 maggio e costruiscano spazi di vera partecipazione.
La libertà di espressione del proprio pensiero è il centro di tali valori ed è ciò che storicamente – dopo i fatti più tragici della nostra storia – ha consentito il superamento delle omertà e della paure e ha dato al Paese tanti risultati nella lotta alle mafie. Su questo non si può tornare indietro.
Il ricordo della strage del 23 maggio è sempre stato vissuto dalla città – con ragazzi e ragazze in prima linea – come uno spazio finalmente liberato dallo strapotere delle mafie, dopo gli anni terribili delle stragi.
Uno spazio non solo di commemorazione, ma anche di gioia e di entusiasmo per tutto quello che ancora le nuove generazioni possono immaginare e costruire.
Vedere le istituzioni che impediscono ai giovani di esprimere le loro idee ci addolora e ci fa sentire traditi.
Ferdinando Siringo, Fabio D’Agati, Mario Valentini, Renata Colomba, Rosaria Melilli, Anna Maria Balistreri, Antonella Sannasardo, Viviana Conti, Valeria Prezzemolo, Ida Pidone, Isabella Albanese, Rosaria Cascio, Mirella Buttitta, Carmela Di Benedetto, Riccardo Caramanna, Grazia Rita Luparello, Lorenzo Palumbo, Carlo Baiamonte, Teresa Vasi, Rosa De Caro, Erika Li Volsi, Elvira Rosa, Giulia Cordone, Maria Rosalia Miosi, Antonietta Troina, Gloria Patti, Patrizia Monterosso, Lidia Mulé, Elena Scalici Gesolfo, Antonia Neri, Silvia Emma, Giuseppe Messineo, Gabriella Fiore, Pietro Giammellaro, Chiara Buccheri, Maria Teresa Montesanto, Marta Clemente, Nino Termotto, Lia Valenza, Daniele Tomaselli, Paola Visconti, Rosana Rizzo, Marisa Cuffaro, Dario Librizzi, Giovanni Puma, Maurizio Carollo, Antonella Caronia, Gianpiero Tre Re, Adriana Saieva, Emilia Nicosia, Nino Rocca, Roberto Lopes, Benita Vasi, Antonella D’Anna, Augusto Cavadi, Valeria Accetta, Orietta Sansone, Rossana Maragioglio, Caterina Ferro, Claudia Vassallo, Giovanna Somma, Nicoletta Scapparone, Andrea Inzerillo, Chiara Amoruso, Raffaella Plaja, Ignazio Librizzi, Marisa Burrascano, Vito Pecoraro, Giusi Vitale, Giuseppina Salerno, Maria Palumbo, Clelia Lombardo, Anna Maria Catalano, Daniela Musumeci, Marina Sferruzza, Paola Miano.