Catanzaro for president (Salvatore Petrotto)
Circolano con una certa insistenza delle strane voci riguardo ad una possibile candidatura a sorpresa, alla presidenza della Regione Sicilia, del presidente regionale di Confindustria, l’agrigentino Giuseppe Catanzaro.
La notizia è veramente sensazionale, ma rientrerebbe, a quanto pare, a pieno titolo, in un disegno strategico, o per così dire politico imprenditoriale, che parte da lontano.
Correva l’anno 2008 quando Raffaele Lombardo sdoganava a pieno titolo Confindustria Sicilia che diventava, per la prima volta, parte integrante, ed oseremo dire determinante, degli assetti di governo regionale della nostra Isola. Ci riferiamo al suo primo ingresso ufficiale dentro il Governo Regionale, quando fu chiamato a ricoprire la carica di assessore alle Attività Produttive, l’allora vicepresidente di Confindustria Sicilia, Marco Venturi. Poi quell’esperienza finì male e culminò addirittura in una pesante coda giudiziaria. E’ stato infatti proprio il Venturi uno dei principali accusatori di Lombardo, nel processo per mafia a suo carico. Purtroppo quel suo ravvedimento, quella presa di distanze non solo da Lombardo, ma anche dall’allora presidente degli industriali siciliani, Antonello Montante, che da lì a breve sarebbe stato anch’egli indagato per mafia, al Venturi finora è costato caro! Lo hanno posato!
Ma l’esperienza governativa dei ‘Confindustriali’ siciliani, malgrado tutto, è continuata anche con l’attuale presidente della Regione, Rosario Crocetta, a partire dal 2012, grazie all’apporto di una donna di punta di questo nostro prestigioso sodalizio imprenditoriale siculo. Si trattò allora di Linda Calogera Vancheri, originaria di San Cataldo, dotata di una laurea in Lingue ed un curriculum di tutto rispetto.
Ma senza andare lontano, e questa è storia recentissima, anche alle comunali di Palermo, i nostri valorosi ‘Confindustriali’, hanno tentato, stavolta con scarsi risultati, di intrupparsi nella Giunta Ferrandelli, per dare l’assalto a Palazzo delle Aquile.
Ma all’assessore designato alla Legalità ed alla trasparenza, nonché, ovviamente, vicepresidente della Confindustria palermitana, gli è andata male. Ha vinto Leoluca Orlando che, da qualche anno a questa parte, per delle questioni che riguardano la pessima gestione dei rifiuti in Sicilia, non è stato molto tenero con i vertici provinciali e regionali di Confindustria. Gli strali di Orlando, in modo particolare, sono stati lanciati all’indirizzo di colui il quale, adesso, potrebbe essere uno dei possibili competitor, nella prossima tornata elettorale regionale, quella di novembre.
Come è facilmente intuibile, se scende in campo il nostro Giuseppe Catanzaro, già titolare di una delle 4 mega discariche private dell’Isola, si preannunciano degli accesissimi e roventi scontri al calor bianco.
Che tra i due, Orlando e Catanzaro, non sono mancate le prime scintille e che non corre buon sangue, è testimoniato dal fatto che l’attuale presidente di Confindustria Sicilia, amico fraterno e successore dell’indagato per mafia Antonello Montante, ha querelato il primo cittadino di Palermo, per tentare di rintuzzare i suoi attacchi relativa all’opaca gestione della sua mega discarica di famiglia. Si tratta di alcune precise denunce, presentate sia presso le autorità giudiziarie, che presso due Commissioni Nazionali di Inchiesta: quella che ha indagato sui reati legati al ciclo dei rifiuti, presieduta dal parlamentare Alessandro Bratti, nonché l’Antimafia Nazionale, presieduta da Rosy Bindi.
Certo che alle prossime elezioni regionali siciliane, se scende in campo, in un modo o nell’altro, il nostro Catanzaro, ne vedremo veramente delle belle!
Da un lato Orlando, assertore della gestione pubblica dei servizi, quali acqua e rifiuti e, contrapposto a lui, il paladino della privatizzazione o per meglio dire, del monopolio privato (il suo) della gestione del ciclo dei rifiuti.
Stiamo parlando, badate bene, sempre e comunque di Catanzaro, espressione di quell’antimafia recentemente, a dir poco, un po’ sbiadita per la verità, che ha vissuto diverse stagioni, per così dire politico-imprenditoriali, godendosi lo spettacolo e ricavandone non poche utilità. Si tratta dell’antimafia degli affari, ovviamente, di quella che più di un giornalista, quali Attilio Bolzoni o Pietrangelo Buttafuoco hanno definito, grosso modo, ‘antimafia parolaia’, ‘antimafia di carta’ o peggio ancora.
Adesso, considerato che siamo arrivati ai titoli di coda del Governo Crocetta, obtorto collo, il Catanzaro è stato costretto ad uscire allo scoperto, a metterci la faccia, prendendo stavolta direttamente lui il bastone del comando di quella che, più di qualcuno chiama, con tutto il rispetto, la lobby di ‘la munnizza’ .
Del resto, non poteva essere diversamente, dopo l’immane disgrazia capitata ad Antonello Montante, le cui accuse di mafia gli vengono rivolte, come detto, oltre che da un nutrito gruppo di pentiti, addirittura anche dal suo ex amico e delfino ed assessore regionale, l’inaffidabile, inafferrabile e sgusciante (per Montante), Marco Venturi.
Ed allora che dire? Catanzaro for President ?
Le vie del Signore, ma nel nostro caso, le vie della ‘munnizza siciliana’, come è risaputo, sono infinite!
Chissà se dopo un decennio di trame e veleni, di lotte più o meno antimafiose (si fa per dire!), di intrecci tra Destra e Sinistra, tra un business e l’altro, anche stavolta Confindustria Sicilia riuscirà ancora a stupirci.
Del resto siamo abbastanza abituati alle loro carnascialesche metamorfosi, sin dai tempi in cui sono scesi dal carro di Totò Cuffaro, per rimanere praticamente sullo stesso carro, quello dell’amico Raffaele Lombardo, dopo che lo hanno mascherato da antimafioso.
Hanno costretto Lombardo cioè, a tradire Cuffaro, poi lo hanno posato e si sono inventata l’antimafia da cortile in festa, quella di Rosario Crocetta.
Ed adesso, come al carnevale di Rio, al ritmo di samba, uno addosso all’altro, saltellando e ballando in trenino, perché non portare in trionfo lui, proprio lui, il presidente di Confindustria Sicilia, il nostro Giuseppe che, per gli amici siciliani si fa chiamare Pepè. Potremo gridare ed intonare tutti quanti in coro ed a squarciagola il suo diminutivo: Pepé! Che poi, la parola pepé, ripetuta in continuazione, altro non è se non il più classico dei ritornelli delle nostre feste di capodanno. E così, in suo onore, canteremo tutti con voce incessante e con tono squillante, storditi ed ubriacati come siamo, dopo i 5 anni di Saro (Crocetta): Pepè, Pépépé, Pepé, Pépèpè, Pèpé, Pèpépé, PéPé…
Salvatore Petrotto