Eugenio Melandri. Una vita per la Pace, la solidarietà, la giustizia e gli ultimi tra gli ultimi (Alessio Di Florio)
La commozione è volata sul web molto prima ancora che uscisse la notizia. E già questo moto spontaneo, questa commozione che ha fatto irruzione in una domenica d’Ottobre, è testimonianza verace. E’ morto Eugenio Melandri, una vita impegnato nell’attivismo pacifista, nella solidarietà, nella Chiesa degli ultimi. Un impegno politico svolto con totale dedizione e passione dal Parlamento Europeo all’assessorato (dal 2008 al 2010) a Genzano. Dove fu fortemente voluto da Armando La Fortezza. Scomparso sei anni fa nello stesso giorno, a cui è accomunato nello slancio generoso, nell’impegno totale e totalizzante.
Nella lunga storia di Eugenio, dall’obiezione di coscienza alla solidarietà internazionalista, un momento fondamentale fu la fondazione di Senzaconfine. La prima associazione nel quale al pietismo e all’assistenzialismo, si sostituì una solidarietà, vera, concreta. Un impegno con, in cui le vittime, gli indeboliti, gli impoveriti, gli sfruttati diventavano protagonisti. In cui i migranti per la prima volta presero la parola, poterono affrontare le incombenze quotidiane e diventare soggetto politico. Era la fine degli Anni Ottanta, ma erano avanti anche all’attualità. Un’associazione autenticamente antirazzista e solidale, dove i migranti non sono oggetto di lucro e su cui calare il pietismo dei ricchi (o di chi si vuol arricchire) ma persone con cui costruire reti solidali, politica, conquistare diritti e costruire socialità, nella quale dopo la morte di Dino il testimone può straordinariamente raccolto da Alessia Montuori e oggi presieduta da Simonetta Crisci. Sono considerazioni oggi considerate banali e ovvie, forse persino superate visto l’atomizzarsi e la frantumazione di un tessuto di attivismo e impegno sociale e politico nei tempi dell’individualismo e dell’egoismo assurti a sistema, ma che precedettero i tempi.
Un’associazione che Eugenio Melandri fondò e animò per tantissimi anni insieme a Dino Frisullo. Oltre che fondatore e primo presidente di Senzaconfine Eugenio è stato direttore di Missione Oggi e di Solidarietà Internazionale (un nome che è tutto un programma di vita, scrigno prezioso oggi necessario come l’acqua in un deserto senz’oasi) e fondatore dell’Associazione Obiettori Nonviolenti, tra i protagonisti di quella grande stagione pacifista delle Marce nei Balcani devastati dalla guerra. L’attenzione all’informazione alternativa, alla solidarietà con l’Africa e tutti i Sud del mondo è stata tra le bussole della sua vita. Associazioni come “Chiama l’Africa”, impegnata nella solidarietà dal basso con il grande continente, senza grandi padrini e motore di importantissime campagne sociali, lo hanno visto in primissima fila. Instancabile e mai fermo, sempre col cuore in fiamme per la passione e l’impegno verso gli altri. Una caratteristica che lo accomuna, tra i tanti, ad un altro grande protagonista di quella straordinaria stagione di associazioni, movimenti, campagne pacifiste e di solidarietà di fine Anni Ottanta-Anni Novanta, Dino Frisullo.
E proprio le parole che Eugenio scrisse dopo la morte di Dino oggi possono essere dedicate a lui.
Ti vestivi come i gigli del campo e ti nutrivi come gli uccelli dell’aria. Per te non cercavi mai nulla. Hai donato tutto. Senza tenerti niente. Neanche un momento di riposo, neanche una pietra dove poggiare il capo: “Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli il loro nido, ma il Figlio dell’uomo non ha dove poggiare il capo”. Giorno dopo giorno. Anno dopo anno. “Beati i poveri. Di loro e’ il Regno dei cieli”.
Dino, lo sai che, con tutta la mia povertà, io credo che ci sia l’altra vita. Sento la nostalgia di quel totalmente altro che ricondurrà tutto a giustizia, dove le vittime avranno finalmente ragione dei loro oppressori. E sono sicuro che, nel Regno che viene, tu avrai un posto grande, bello, pieno di luce. Allora ho meno paura. Con te il paradiso diventerà senz’altro più aperto. Romperà i confini per fare entrare tutti. Lo troverai sempre, infatti, il modo di far entrare anche quelli che – a rigor di legge – forse non dovrebbero. Ti metterai accanto a San Pietro e non lo mollerai fino a quando non darà il permesso di entrata e di soggiorno anche all’ultimo arrivato. Ti organizzerai con quelli che già sono arrivati, come don Luigi, e riuscirete davvero a fare entrare tutti nella grande casa che ci aspetta.
Il don Luigi a cui fa riferimento Eugenio Melandri è don Luigi Di Liegro, scomparso nel 1997 e altro grande protagonista di quella straordinaria stagione romana e nazionale di solidarietà e politica dal basso. E fautore di una Chiesa altra rispetto alla mondanità, alla borghesia, ai potenti, alle trame di palazzo e al dominio sull’uomo e sull’ambiente. Quella Chiesa che è tornata ad incrociare nelle ultime settimane l’esperienza terrena di Eugenio. Era stato sospeso a divinis dopo la candidatura e l’elezione con Democrazia Proletaria. Dopo un primo incontro con Papa Francesco l’anno scorso nelle scorse settimane era stato riaccolto e di recente era tornato a dire messa. Un ritorno vissuto con emozione, commozione. E vera fede. Sicuramente molto più vera e autentica di alcuni che hanno ironizzato contro di lui, affermando che chissà se dopo 30 anni si ricordava come si saliva sull’altare, e hanno sparso veleno e fango contro il suo ritorno alla celebrazione eucaristica. Quello stesso veleno e fango che contro i potenti, nella società e nella Chiesa, gli affaristi, i corrotti e chi realmente sfrutta e deruba gli ultimi e gli impoveriti non faranno mai. Gli anawin, i poveri del Vangelo vero, autentico e di cuore che Eugenio Melandri ha incarnato anche nei 30 anni della sospensione, che un’occasione di riscatto e protagonismo stanno avendo anche grazie al Sinodo sull’Amazzonia che si è concluso proprio oggi. Un Sinodo che può dare speranza, dove le strutture di sfruttamento, dominio, devastazione e oppressione sono state denunciate con forza. In cui è risuonato forte l’impegno per il creato, per l’Amazzonia simbolo di tutte le terre (dall’Ilva e le tante terre dei fuochi d’Italia ai Sud del mondo saccheggiati dalle multinazionali) devastate dal capitalismo e dal profitto ad ogni costo.
L’ecologia, la Pace, la giustizia, il protagonismo degli emarginati e dei poveri oggi sono centrali per la stessa permanenza della vita, per salvare una società che ha già superato l’orlo del baratro. E sono stati più che centrali nella vita, nell’impegno quotidiano e totale di Eugenio Melandri. La Chiesa di base, schierata contro i potenti e gli oppressori, quella che dalla Teologia della Liberazione ai “preti operai” e di frontiera in Italia ha sempre cercato una strada diversa rispetto alle gerarchie e ai palazzi, ha nel cuore quelli che il Vangelo definisce gli anawin. Gli ultimi tra gli ultimi, i più poveri tra i poveri, i più sofferenti tra i più sofferenti, le vittime più vittime che ci sono dell’ingiustizia. Potremmo anche dire i più piccoli tra i piccoli. Mentre il mondo si precipita oltre il baratro o si hanno loro nel cuore o non si è. E’ necessario sempre più lottare per lasciare questo mondo migliore e meno ingiusto di come l’abbiamo trovato e lo vogliono ridurre oppressori e potenti, senza timore. Perché la vera crescita e la vera libertà stanno nel combattere tutto ciò che rende un uomo schiavo e oppresso: analfabetismo, ingiustizia, degrado ambientale, sfruttamento dei lavoratori e delle classi sociali più deboli. Difendere la vita vuol dire ribellarsi contro tutto ciò che calpesta la vita stessa e la dignità. E’ il racconto della vita di Eugenio Melandri e ora il testimone deve essere raccolto da chi siamo rimasti.
L’Italia, l’Europa, l’Occidente, tutto il mondo è radicalmente diviso da una profonda frattura, una sorta di gigantesca linea della palma (per dirla con Sciascia) e di classe, oppressione e ingiustizia. Da una parte la società e la Chiesa degli scandali finanziari, dei porporati che ancora oggi siedono a tavola con i potenti, i ricchi e gli oppressi mentre perseguitano chi non è allineato e desiderato dall’ipocrisia farisaica di chi vuol imporre una certa “morale”, ma rimangono in silenzio complici persino delle guerre, dei traffici di morte dei mercanti di armi e delle devastazioni ecologiche. Dall’altra la società e la Chiesa degli anawin, degli ultimi, dei deboli, degli emarginati dal Sistema capitalista odierno e dalla devastazione ecologica e sociale. Sono anni difficili, impervia è la strada. Se vincerà i primi o gli ultimi dipenderà anche da come raccoglieremo il testimone di padre Eugenio Melandri.
Alessio Di Florio