I falsi democratici e i trucchi della falsa democrazia
Il termine “democrazia” è stato usato e abusato. Quello che avrebbe dovuto essere “governo del popolo”, per garantire a tutti le stesse condizioni di libertà, di giustizia e di azione, è rimasto, come sempre un appannaggio di pochi, cioè dei più ricchi o di coloro che occupano i gradini più alti della scala sociale. Nelle democrazie borghesi sono state spacciate per governo di tutti le oligarchie che hanno mantenuto saldamente in mano il potere: sono loro a decidere chi deve essere candidato, chi deve essere eletto, quali sono i limiti entro i quali si può spostare un’apertura o una chiusura delle regole democratiche. Sono loro che decidono come orientare il voto, attraverso un sapiente controllo di tutto ciò che produce consenso elettorale, dai mezzi d’informazione, all’economia, all’assistenza pubblica, al clientelismo.
Una delle più elementari regole della democrazia è, o dovrebbe essere, il sistema proporzionale: ogni forza politica e ogni gruppo di cittadini dovrebbe avere il diritto ad essere rappresentato: in tal senso dovrebbero essere studiate tutte le garanzie possibili per dare rappresentanza e voce alle minoranze. E invece si è creato il sistema maggioritario, che consente la rappresentanza solo a chi vince ed esclude i perdenti, anche per un solo voto di differenza. Il 61 a zero in Sicilia nel 2001 è stato la conferma più abnorme di questa assurdità, sostenuta anche dalle forze di sinistra, che hanno dovuto ricorrere al “mattarellum”, cioè alla quota proporzionale di un quarto degli eletti, per essere ancora presenti. Invece si è pensato allo sbarramento del 3, del 5 per cento, adesso si dice, addirittura del 7%. onde consentire l’ingresso in parlamento solo alla Lega ed escludere gruppi minori (Vendola, Meloni, i Verdi e il variopinto e masochista arcipelago a sinistra del PD.
L’’abolizione della preferenza, e soprattutto il premio di maggioranza alla lista o alla coalizione che riceve più voti, sono espedienti per falsare le regole della democrazia e consentire la cosiddetta “governabilità” anche con un 30% di voti, riducendo le minoranze a semplice rappresentanza, tuttavia ben foraggiata da stipendi, prebende, gettoni di presenza, sconti, scorte, esenzioni e privilegi vari.
E’ chiaro che, in questi termini, parlare di democrazia diventa uno specchietto per le allodole. Secondo un trucco ormai collaudato, ci si preoccupa dei limiti delle democrazie in altri paesi e si tende ad offuscare i propri limiti. Cinquanta persone che protestano a Cuba o in Cina fanno più notizia di cinquecentomila che scioperano a Roma. Gli attuali partiti politici presenti in parlamento sono perfettamente d’accordo sullo studio di norme che consentano loro di sopravvivere e sbarrare l’accesso alle nuove forze. L’abolizione delle preferenze, voluta dal “Porcellum” e riproposta dall’Italicum sta bene a tutti, così nessuno si preoccuperà se il tale amico o il tale notabile di partito non possa essere rieletto: sarà eletto d’ufficio, alla faccia della volontà popolare.
La mistificazione arriva al punto di sostenere che i tipi come Fiorito, Cosentino, Cuffaro, De Luca sono possibili perché ci sono le preferenze, che quindi diverrebbero sinonimo di clientelismo. E perché? Forse che tutto il popolo sceglie solo coloro che lo corrompono o lo allettano con false promesse? Sono tutti imbecilli gli elettori, mentre intelligenti sarebbero solo i segretari di partito? E poi, i nomi degli eletti dal popolo non sono stati precedentemente selezionati e indicati dai segretari di partito? Queste strategie da furbetti, degni di essere processati per truffa alle norme della democrazia, sono sostenute all’unisono dal PD, dal PdL e più recentemente persino dai 5 Stelle, prima oppositori, adesso sostenitori del Porcellum che, stando agli ultimi sondaggi, darebbe loro tutti quei vantaggi che Renzi sognava di avere per il PD. Una girandola di voltafaccia, dove i forzitalini maggioritari sono diventati sostenitori del proporzionale, i cinquestellini, prima proporzionalisti. adocchiano il maggioritario, altri studiano il modo di garantirsi la sopravvivenza, e quindi sono più orientati verso il proporzionale, magari inserendosi in liste forti.
Sullo sfondo si gioca la sopravvivenza della partitocrazia e la sua fame di denaro pubblico. e l’ostinazione a non rinunciare ad alcun privilegio, soprattutto economico. Proprio su questo, che è il loro campo di battaglia, i cinquestellini partono avvantagiati e continuano a macinare consensi, poichè gli altri partiti preferiscono scomparire anzichè ridimensionare la loro fame di denaro.
Fra l’altro, all’origine della crisi che stiamo vivendo c’è un meccanismo che ormai sta caratterizzando il nostro nuovo secolo, ovvero un ritorno al medioevo e alla scala gerarchizzata degli uomini in vassalli, valvassori, valvassini, militi, villici. I ricchi hanno allargato, e continuano a farlo, i loro margini di profitto, e possono consentirsi di guazzare nel loro mondo dorato fatto di alberghi a 5 stelle, crociere, vacanze mitiche, negozi specializzati, griffe, gioielli ecc. I lavoratori, che hanno sempre meno soldi da spendere, non potendo comprare, bloccano anche il piccolo profitto, l’unico loro accessibile, e sono risucchiati da un cerchio di miseria e disoccupazione. Metti poi che non esiste più un partito cui fare riferimento per organizzare le lotte sociali e progettare una società nuova, basata su parametri ben diversi dagli attuali, ed hai un’idea di quanto ben poco sia cambiato da quel dieci per cento di “cittadini” che,ai tempi di Pericle, rappresentava e gestiva il governo della polis.
In tal modo è coltivata sapientemente l’illusione di far credere al 2demos”, al popolo, di essere padrone del potere (crazos) quando invece questa sua peculiarità viene concessa quando si ha in mano una matita e ci si reca in una cabina per apporre la crocetta su ciò che è stato deciso e preconfezionato da altri. Quindi, niente democrazia, e neanche “aristocrazia”, perché “aristoi”, in greco significa “i migliori”: figurarsi se i migliori erano i passati “berluscones” o “i tecnici”, i “professori”, i rottamatori, interamente al servizio dei “poteri forti”. Non c’è un governo dei migliori, ma di pochi, “oligoi”, e cioè un’oligarchia”; si potrebbe anche definire una “timocrazia”, cioè un governo in cui i diritti e i doveri del cittadino sono stabiliti in base alle ricchezze possedute (censo o “timo”): se vogliamo addirittura usare un termine caro al fascismo, una “plutocrazia”, il governo dei più ricchi, in cui “plutos” è il dio denaro. Oppure, se vogliamo dirla in siciliano: “‘A u riccu ricchizzi, a u poviru puvirtà”.