Il 25 Aprile a venire
Sul muro di una cella del carcere di Torino il 22 luglio del 1944 fu trovata questa scritta fatta col sangue: MEGLIO MORIRE CHE TRADIRE. Era di Ignazio Vian impiccato senza processo dai fascisti a seguito di una delazione.
Il 25 Aprile è la ricorrenza di un fatto eccezionale della storia del nostro paese: l’insurrezione di larghe masse non soltanto per riconquistare la libertà, ma anche per mobilitarsi contro i piani di distruzione delle fabbriche messo in atto dai tedeschi. L’insurrezione salvò gran parte delle industrie del nord col sangue dei partigiani. Il 25 Aprile, dunque, non è una commemorazione che concerne solo i “partigiani”, ma investe anche la classe industriale le cui fabbriche furono salvate da una tempestiva preparazione di resistenza. Di questa memoria gli industriali che delocalizzano per fare profitto, sembrano ignorarne la portata.
Oggi, conosciamo bene il senso profondo di quelle parole scritte col sangue. Il tradimento della democrazia è all’ordine del giorno.
L’ossessione che logora gli avvocati del neoliberismo al parlamento (senza distinzioni di bandiere) è di modificare la costituzione, per favorire lobby, corruttori e il cinismo dei mercati. La recente colossale censura sul referendum messa in atto dai più alti vertici dello stato sulle trivelle che ne ha determinato il fallimento, ne è l’episodio più recente.
Lo stupro del bene comune, il massacro delle economie locali a vantaggio delle grandi aziende off-shore, la costruzione di una società ricattabile e al servizio dei più potenti è l’orizzonte dei nostri “rappresentanti” non eletti che legiferano illegittimamente (come recita una sentenza della Corte Costituzionale) e maldestramente su questioni decisive per il futuro del paese e delle generazioni a venire, e per questo eversori.
Per questo il 25 aprile è sempre al presente. La liberazione non smette di finire.
Ieri occorreva liberarsi dalla dittatura fascista. Oggi occorre liberarsi dalla ferocia neoliberista, dai loro portaborse parlamentari, dalla corruzione politica. Il 25 aprile è oggi, domani e sempre. Non è soltanto una commemorazione.
Ieri il 25 aprile – giorno della Liberazione – consentì agli italiani di costruire una democrazia concordata. Oggi stiamo subendo una democrazia dettata dai mercati.
Ecco perché il 25 Aprile non ha perso nulla del suo valore reale e simbolico di Liberazione e di costruzione di una democrazia partecipata.
Il 25 Aprile deve ricordarci che dobbiamo liberarci dalla politica intesa come “governance”, come si usa dire nel gergo neoliberista, vale a dire l’attività dei governanti che hanno usurpato la sovranità popolare, mentre occorre restituire alla politica la sua funzione di sorveglianza della Costituzione e di partecipazione diretta alle scelte e, soprattutto, di ripristinare lo stato di diritto che negli ultimi anni è stato offeso e cancellato.
Il 25 Aprile è la data di costruzione di un presente e un futuro liberati dall’impolitica di una classe di fanatici del potere, di accoliti della corruzione, di impostori col volto del “politico”.
Marcello Faletra