Il romanzo nell’età vittoriana
Pomeriggio di alto livello culturale all’Auser di Partinico. La prof.ssa Dina Provenzano ha tenuto quella che si può definire un’autentica “lectio magistralis” sul tema “ Charles Dickens e il successo del romanzo nell’età vittoriana” La relazione ha fatto, in apertura un itinerario a ritroso sulla monarchia inglese e sulle vicende che portarono al regno della regina Vittoria, che durò 64 anni, dal 1837 al 1901 , caratterizzando un’epoca di grandi transizioni e scoperte, ovvero la rivoluzione industriale inglese che cambiò interamente i metodi di lavoro e i rapporti tra lavoratori e datori di lavoro. Accanto alla piaga del lavoro minorile, con allucinanti livelli di sfruttamento, si aggiunse quello degli operai costretti a lavorare anche 54 ore a settimana, con paghe irrisorie e senza la cuna garanzia in caso di incidenti. Le filosofie di quell’epoca furono quelle del positivismo, con la convinta fiducia nella grande spinta della scienza nel superare le superstizioni, l’utilitarismo professato da Bentham, secondo cui la civiltà è caratterizzata dall’unità di misura dell’utilità, e il marxismo, con l’individuazione del plusvalore come surplus di valore economico che finisce nelle tasche del datore di lavoro. Le contraddizioni dell’età vittoriana sono descritte con ampiezza di particolari nei romanzi di Dickens al quale va il merito di aver posto l’attenzione sui ceti più umili della società, oltre che sulle strategie che portarono all’affermazione della borghesia. Le grandi scoperte, dall’auto, ai telai meccanici, alle macchine a vapore, rimasero accessibili a pochi, mentre la maggioranza della popolazione continuò a vivere nella miseria, ogni tanto lenita da alcune leggi del parlamento inglese, conquistate grazie alle lotte dei lavoratori . L’Inghilterra alla fine dell’800 era padrona di un quarto e mezzo delle terre del globo terrestre e Londra era diventata la capitale del mondo.