La difficile libertà di stampa in Italia (S.V.)
Che la stampa italiana non brilli per libertà d’espressione e per autonomia è una cosa nota da tempo. L’ultima graduatoria che annualmente la prestigiosa agenzia francese pubblica sullo stato della libertà di stampa nel mondo, ha arretrato di 17 posti la posizione italiana, dal 41° al 58° posto: ci precede la Macedonia del Nord e ci segue il Niger. La statistica esamina il contesto politico, legale, economico, socioculturale e di sicurezza e ha rilevato che “La libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata dalla criminalità organizzata, in particolare nel sud del Paese, e da vari gruppi violenti estremisti o di protesta, che hanno visto un aumento significativo durante la pandemia”. Secondo Rsf in Italia si stampano 20 quotidiani con tiratura oltre le 20 mila copie e una cinquantina di settimanali. La graduatoria è stata pubblicata nello scorso mese di giugno, quando ancora non si conoscevano gli esiti delle elezioni nazionali, Con la vittoria del centrodestra sembra che la tradizionale tendenza al lecchinaggio della maggioranza dei giornalisti italiani abbia subito una radicale accelerazione. Dalla deferenza ossequiosa verso Draghi, garanzia di prestigio italiano nel mondo capitalista, si è passati all’untuoso concerto di incensamenti nei confronti della Giorgia nazionale con il riciclo di tutta una serie di personaggi vecchi e nuovi, al limite dello squallore, onnipresenti su tutti i dibattiti televisivi e prodighi di interviste a qualsiasi giornale. Della Giorgia sono stati passati a pettine fitto i capelli, dalla coda di cavallo alla liscia e fluente chioma, la vita personale, i gusti, le letture, la carriera politica, la famiglia. Anche nei confronti dei neopresidenti La Russa e Fontana, dopo l’iniziale sconcerto per i trascorsi fascisti e integralisti, dopo la raccolta di frasi e bravate, tutto è rientrato piano piano nell’alveo della normalità, al punto che la fugace apparizione di Liliana Segre sembra essere stata quella di una marziana. Le slinguate si snodano dal dilagare delle foto, in cui la premier in pectore ci è presentata col sorriso, col viso rassicurante, con una sfumatura di grinta, con garbo istituzionalizzato al suo gergo romanesco che le dà un’aria popolana: l’informazione a seguito è fatta dai soliti luoghi comuni che, detti in un contesto di povertà politica, culturale ed economica, diventano apprezzamenti, e così si sprecano i “sta lavorando… un governo di “alto profilo”, “non sono ricattabile”, “lasciamola lavorare”, “le enormi difficoltà in cui si trova a lavorare il nuovo esecutivo”, “la rinnovata fedeltà all’alleanza atlantica”, “i valori della famiglia”, “la volontà degli italiani”, ecc. I quattro giornali di estrema destra, Libero, Il Giornale, La Verità, Il Tempo, sembrano essere ringalluzziti e hanno raddoppiato e, in alcuni giorni, quadruplicato la quotidiana dose di balle, menzogne, linciaggi, ricostruzioni fantasiose nei confronti degli uomini della cosiddetta sinistra, quasi che la campagna elettorale non fosse ancora finita.
Dal lato televisivo si caratterizza Rete 4, impegnata nella distorsione della verità ogni sera, con la partecipazione di personaggi che non si dovrebbero prestare a queste distorsioni, anche di sinistra, ma notevoli sviolinate arrivano anche da Giletti e da Mentana su La 7, con alcuni endorcement anche da SKY. Della RAI non parliamo, essendo cronico il suo appiattimento sull’informazione governativa.
L’aumento dell’astensionismo elettorale va di pari passo con la disinformazione o con l’informazione parziale ed edulcorata, anzi ne è una delle conseguenze: negli ultimi anni la vendita dei giornali è progressivamente diminuita e ci si affida quasi totalmente all’informazione televisiva e a quella sui social. Quasi sempre ci si accontenta dei titoli, oppure, per i più volenterosi, di un intero telegiornale, dove, a seconda delle direttive giornaliere, lo spazio dato e la successione delle notizie, sono sapientemente dosati tra la pagina politica, la guerra in Ucraina, le manifestazioni in Iran, la crisi economica, il carobollette, la pandemia, ormai quasi cancellata dai titoli, qualche generica informazione su iniziative culturali e ambientali, le notizie di cronaca, con riguardo ai femminicidi e alle morti sul lavoro, l’intervista, lo sport, con il calcio prima di tutto.
Tra i parametri esaminati da Reporter va tuttavia rilevato che non è preso in esame quello della calunnia a mezzo stampa, che è l’arma più diffusa in Italia per mettere a tacere chi dice o scrive qualche parola in più nei confronti del potente di turno, anche del signorotto locale: una schiera di avvocati è pronta a stravolgere il contesto di una frase e a darne una lettura tale da far sembrare un criminale incallito lo sprovveduto giornalista convinto di avere solo espresso il proprio parere. Ho notizie che esistono persone, anche interne al sistema di potere, che studiano a tavolino come potere estorcere denaro allo sprovveduto giornalista che ha parlato male di loro. Per non citare gli apparati mediatici, tipo la famigerata salviniana Bestia, pronti a rovesciare tutta la loro violenza organizzata nei confronti di chi osa mettere in discussione le scelte e i giudizi del leader politico al cui servizio lavorano. Pertanto la debole e resistente “controinformazione”, per usare un termine dei tempi di Peppino Impastato, si trova a lottare tra una legge implacabile, che nessuno vuole riformare, pronta a comminare reclusione, multe, sanzioni, spese giudiziarie e quant’altro basta a cancellare ogni velleità di denuncia pubblica, e le più sottili e pericolose minacce delle organizzazioni criminali, pronte a colpire ove possa spuntare una notizia o un’inchiesta che le danneggi. Si aggiungano le norme sul riordino delle reti radiofoniche e televisive, con l’etere ormai nelle mani di pochi “signori”, che fanno pagare a peso d’oro le concessioni e così si ha un quadro completo di come passino le informazioni che si decide di far passare e vengano accantonate quelle che in una qualsiasi stesura, possano risultare scomode, sgradite, pericolose. Presumibilmente la classifica di Reporter sans frontieres del prossimo anno ci offrirà altri arretramenti in un paese che si arroga il diritto di accusare altri paesi di violazione dei diritti civili.
Immagine di copertina: opera di Gaetano Porcasi “Giornali e giornalisti”