La “giurisdizionalizzazione” dello Stato e il partito dei magistrati  (Mauro Mellini)

 

magistrati_italianiPubblico il grido d’allarme di Mauro Mellini, già deputato radicale, che, a giudicare dalle ultime battute, sembra quasi una sorta di testamento, scritto dall’alto dei suoi novant’anni  e di lascito alle future generazioni di schierarsi in difesa di alcuni aspetti della costituzione che oggi si tende a snaturare nell’ambito di una sorta di furore teso a cancellare gli spazi di partecipazione popolare e il contributo della base al corretto funzionamento della democrazia. Quello che Mellini critica è lo sconfinamento del potere giudiziario in quello legislativo, al punto da sostenere che si sta vivendo un passaggio di  “giurisdizionalizzazione dello Stato”, con  l’assunzione, da parte della magistratura di poteri  sempre maggiori e con la certezza della sua impunità:”una tattica, tendente, invece a guadagnare lentamente e stabilmente posizioni di debordante potere ed a farsi apprezzare dalla classa politica”. La legge al di sopra di tutto e, con la legge, il magistrato che l’amministra e ne è garante.  Quello che non condivido nell’analisi di Mellini è l’identificazione di quello che egli, in un suo noto libro ha definito “Il partito dei magistrati”, nella corrente di “Magistratura democratica” e in alcuni giudici sbrigativamente definiti “di sinistra” che fanno il loro onesto lavoro, rispetto ad altre correnti che invece oggi hanno molto più potere decisionale e controllano i vari organi della magistratura e le nomine dei magistrati a capo delle procure, secondo i soliti criteri di spartizione in rapporto all’appartenenza e alla forza politica del partito cui fanno riferimento. Non mi sento neanche di condividere il paragone con quel tipo di magistratura che tra il 1921-25 avallò l’istituzionalizzazione delle squadracce fasciste. Non credo che siamo a questo punto, malgrado alcune preoccupanti presenze e atteggiamenti di Casa Pound o dell’estremismo leghista. Oggi, se è vero, come sostiene Mellini, che il potere dei magistrati prevale su quello dei politici e controlla la politica, siamo in una fase diversa da quella in cui la politica filofascista controllava e orientava la magistratura.

Condivido invece le preoccupazioni per la recente proposta del cosiddetto “Kidnapping giudiziario dei figli dei mafiosi”, che chiede la deportazione dei bambini figli di mafiosi e l’affidamento a strutture educative fuori dalla loro regione di appartenenza, malgrado il problema della formazione e dell’educazione di questi minori esista: certamente la soluzione non è di strapparli ai genitori, specialmente se tutto questo viene affidato a qull’obbrobio giuridico dato dalle misure di prevenzione, che possono operare sia sulla base di sospetti, sia ignorando le sentenze di assoluzione degli imputati sospettati di mafia. Se si dovesse intervenire strappando un bambino alla famiglia perché  il sospetto di un sua mafiosità  potrebbe preludere al sospetto di una futura mafiosità del minore, avremmo davvero da preoccuparci e chiederci se questo significa fare antimafia.

Altrettanto condivisibili le preoccupazioni sulla creazione di una banca dati che raccolga le sentenze più significative, onde servire da riferimento ai magistrati: chi stabilisce la “significatività” di una sentenza e l’opportunità di inserirla in questa banca dati, non prendendo in considerazione qualche altra sentenza che potrebbe essere contraddittoria con la prima? E siamo sempre lì, sulla eterna difficoltà di stabilire ciò che è giusto e sulla base di quale criterio.

Mancano in questa lettura, proprio perché sono la notizia è di stamattina, le considerazioni sulla proposta di legge per la limitazione dell’uso delle intercettazioni.

 Magistrato

Mauro Mellini:

IL C.S.M. VUOLE LA DIREZIONE STRATEGICA DELL’EVERSIONE GIUDIZIARIA

Il trentuno ottobre all’unanimità il C.S.M. ha approvato la vergognosa proposta di legge (ma forse occorrerebbe dire “intimazione”, o altra parola analoga) del Kidnapping giudiziario dei figli dei mafiosi.

Nella stessa seduta ha deliberato di istituire una “banca dati” delle “più significative” decisioni dei giudici di merito che possono “giovare” all’”indirizzo” della giurisprudenza, cioè ai fini delle “lotte” in cui la magistratura è “impegnata”.

Si direbbe che una ventata di furore distruttivo di ogni limite delle funzioni istituzionali (tra l’altro delineate dalla Costituzione) pervada il palazzetto dei Marescialli di Piazza Indipendenza.

Non staremo a ripetere le espressioni di obbrobrio per la proposta del kidnapping (che, per il fatto stesso che se ne vuol fare una legge significa essere cosa ben diversa dal rimedio per situazioni quali quelle evocate in sua difesa, già trattabili secondo le leggi esistenti).

Così è superfluo, tanta ne è l’evidenza, che si tratta di una patente “invasione di campo” sul potere legislativo, ben oltre le competenze stabilite per quell’Organo di Amministrazione della magistratura.

Quanto alla “banca dati”, che sembra uno scherzo per “rubare l’idea” al nostro Patrizio Rovelli, è altrettanto evidente che si tratta di un’altra “invasione di campo”. Ci sono anche troppe riviste giuridiche, talune delle quali con un nome ed un passato glorioso, dirette da giuristi tali conclamati, dalle dignità accademiche che posseggono. E c’è la Corte di Cassazione, che ha il compito di “regolare l’uniformità dell’indirizzo interpetrativo della legge”. Mentre questa iniziativa sembra inventata per imporre la prevalenza delle decisioni (spesso difficili a definirsi “giurisprudenza”) dei giudici di merito e magari dei P.M. Certo è che si tratta dell’opposto del progetto in cui con tanta passione è impegnato Patrizio Rovelli, che è quello di denunziare le baggianate ed i loro autori. Il C.S.M. vuole invece “additare ad esempio” il prodotto di chi? Dei magistrati meglio “allineati”, la giurisprudenza del Partito dei Magistrati. Il che non impedisce, ovviamente, che ad essere additati ad esempio da un organo pubblico di governo della magistratura, benché incompetente a perseguire tale finalità, siano magari, proprio le baggianate “esemplari” raccolte come tali opportunatamente dalla banca dati di Rovelli.

La concomitanza dei due provvedimenti del C.S.M. non è casuale. Essi sono espressione di una stessa tendenza, di una stessa pretesa.

E’ chiaro che il C.S.M. finora additato dall’ala estrema dell’eversione giudiziaria, quella dei magistrati che vogliono tutto e subito come “timido”, “conservatore” etc. vuole assumere la direzione strategica del movimento per la “giurisdizionalizzazione dello Stato”, per l’abbattimento di ogni limite di attribuzione ai poteri della magistratura. La direzione di tutta l’eversione giudiziaria.

Finora il C.S.M. aveva cercato di mantenersi “estraneo” al fenomeno dello “squadrismo giudiziario” di certi P.M. e di certi giudici non certo per attaccamento ai principi fondamentali del diritto dei regimi liberi e democratici, ma piuttosto per una tattica, tendente, invece a guadagnare lentamente e stabilmente posizioni di debordante potere ed a farsi apprezzare dalla classa politica, da ministri del livello di Orlando e, magari dei suoi tirapiedi “marciatori per lo Stato di diritto”, come moderato e speranza per il ritorno alla normalità.

Si direbbe che siano ad una svolta

I due provvedimenti indicano chiaramente un’unica volontà del C.S.M. di assumere la direzione strategica di tutto il movìmento di sovversione giudiziaria della democrazia.

Non mancheranno certamente i cosiddetti uomini politici, di governo e di opposizione (si fa per dire) che tireranno un sospiro di sollievo di fronte a questa svolta, che potrà, all’apparenza, “mettere un po’ d’ordine” nel caos della violenza giudiziaria. Un C.S.M. che si metta a “dirigere” il Partito dei Magistrati potrà apparire come un “freno” alle più clamorose intemperanze dello squadrismo giudiziario. Ne segna invece la vittoria e l’istituzionalizzazione.

Si ripete senza fantasia la storia del 1921-925. Molti liberali cacasotto e popolari salmodianti accettarono la legalizzazione dello squadrismo con l’inquadramento in un corpo dello Stato, come era la Milizia volontaria Sicurezza Nazionale con un sospiro di sollievo, come “un freno” alla violenza delle squadracce, così avemmo uno Stato squadrista e manganellatore e quel che è seguito.

Io vorrei che qualche mio lettore specie qualcuno che, magari, ritenga eccessivo il mio pessimismo, conservi e metta da parte questo scritto con l’augurio, naturalmente, che tra qualche anno possa, rileggendolo, convincersi ancor più che quel vecchio brontolone aveva proprio superato i limiti del pessimismo.

Vorrei essere ricordato per l’errore di queste mie valutazioni. L’idea che possa accadere il contrario, che i fatti mi diano ragione, rende particolarmente dolorosa e angosciata la mia uscita di scena!

Mauro Mellini

02.11.2017

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