“Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta”. (Salvatore Petrotto)
Come e in cambio di cosa un giornalista agrigentino ha venduto se stesso diventando un pennivendolo con l’etichetta antimafia
Se solo alcuni sedicenti giornalisti agrigentini avessero letto questo verso del Purgatorio, di Dante Alighieri, forse si sarebbero resi conto del loro delicato ruolo, sostanzialmente tradito, a causa della loro naturale compiacenza interessata, nei confronti dei potenti di turno. E così anche questo ultimo baluardo, la libertà di stampa, cardine e fondamento di ogni moderna democrazia, in provincia di Agrigento, da qualcuno è stata miseramente contrabbandata, per ottenere un posto di lavoro dentro Girgenti Acque, per un figlio ed un altro posto, targato ministro Alfano, presso un Ministero, per un’altra figlia che, per fare la dirigente o consulente di non so cosa, ha avuto semplicemente bisogno di un diplomino. Alla faccia dei milioni di giovani pluri laureati e pluri specializzati che, in Italia, aspettano pazientemente il loro turno e si mettono in fila per fare un concorso! Qualcuno ricorderà Humphrey Bogart, alias Ed Hutchinson, il famoso giornalista nel film “L’ultima minaccia”, diretto da Richard Brooks, quando, attaccato da un magnate che mal sopportava di essere preso di mira dal suo giornale, nel momento in cui venne minacciato di morte a telefono, qualora non avesse bloccato l’uscita del giornale, non si arrese. Diede ordine al tipografo di procedere con la stampa e nel bel mezzo dell’assordante frastuono, tipico dello sferragliare delle vecchie rotative, il cui concerto di rumori era una sorta di inno alla libertà, per tutti quanti i giornalisti americani d’altri tempi, alla Ernest Hemingway, per intenderci, gli rispose esclamando quella proverbiale frase che è rimasta scolpita a futura memoria: ‘ Questa è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente’. Ma ad Agrigento, quel film, i capo redattori dei due maggiori quotidiani siciliani, non l’hanno ancora visto, altrimenti non si comporterebbero come l’indimenticabile Marchese del Grillo, interpretato da Alberto Sordi quando dice: Io so’ io e voi non siete un cazzo ! Circa un anno fa un noto giornale locale pubblicò un lunghissimo elenco di dipendenti, oltre 400, che lavorano dentro Girgenti Acque, regolarmente raccomandati, prima che partisse l’attuale raffica di inchieste giudiziarie, anche per mafia, che riguardano Girgenti Acque: Tra i numerosi nominativi c’era pure quello della figlia del direttore dell’Agenzia delle Entrate di Agrigento, del figlio del direttore dell’INPS e di altri pubblici funzionari, oltre che i parenti e gli amici degli immancabili politici e di qualche giornalista. Ci riferiamo a quel nutrito elenco di quei ” figli di un Dio Maggiore” cartina di tornasole della la mappa del potere agrigentino, le cui articolazioni perverse sono chiaramente leggibili. Non si vuole biasimare i fratelli Calogero Gabriele e Federica, ma il padre, Alfonso Bugea, caporedattore de Il Giornale di Sicilia di Agrigento, esempio della libertà di stampa tradita e piegata ai voleri, personali e familiari. I due sono stati assunti, grazie ai buoni uffici ed all’intercessione del babb, il maschietto dentro Girgenti Acque, la sorella, con un semplice diploma, lavora, grazie al ministro Alfano, attualmente, presso il Ministero delle Risorse Agricole. Costei nel 2006, era partita in quinta, con un bel contratto di collaborazione in RAI per due anni; poi è passata direttamente alle dipendenze, per più di tre anni, del Ministero di Grazia e Giustizia, quale collaboratrice nella segreteria dell’ex ministro Angelino Alfano prima e poi del Sottosegretario Nitto Francesco Palma; per essere in seguito assunta presso il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, nel Gabinetto dell’allora ministro Nunzia De Girolamo e poi dell’attuale ministro Maurizio Martina. Una bella carriera, non c’é che dire! E così, mentre incassava questa sorta di contropartita, dalle colonne del suo giornale, Bugea sparava a zero, contro chiunque attaccava, citando dettagliate denunce penali, Girgenti Acque ed il Ministro Alfano, ossia i datori di lavoro dei suoi figli.
Tante volte, per compiacere i suoi potenti amici, ha sbattuto dei finti mostri in prima pagina, dandoli in pasto all’opinione pubblica, attraverso la pubblicazione di suggestivi pastoni giornalistici in cui, puntualmente, forniva delle versioni dei fatti del tutto fuorvianti, tendenti anche a sviare il corso della giustizia. Nel frattempo, le popolazioni agrigentine, così abilmente distratte e disorientate, venivano tartassate a più non posso dalle ditte amiche di Bugea e del ministro Alfano, che si occupano dell’illegale gestione di acqua e rifiuti.
Aziende che hanno così potuto, tranquillamente, inquinare ogni singola porzione del territorio agrigentino, facendo pagare delle tariffe che risultano almeno il quadruplo della media nazionale; tutto ciò è stato possibile grazie alle protezioni giornalistiche e politiche di cui hanno goduto, per continuare a far perpetrare delle illegali ed insopportabili gestioni dei servizi pubblici.
Il Bugea, ha organizzato e/o partecipato a centinaia di convegni su legalità e mafia ed ha sfornato libri a ripetizione per accreditarsi come autentico antimafioso. Tra le sue fatiche letterarie ‘Oltre il buio della mafia’, che, alla luce dei fatti, si può tradurre in “oltre il buio della mafia ci sono due posti di lavoro per i propri figli. Basta rinunciare alla libertà di stampa, tacere su delle mostruose illegalità che riguardano la gestione, nell’Agrigentino, di acqua, rifiuti ed immigrati e cospargere di fango coloro che denunciano da anni queste cose.
E quindi ecco un ‘un professionista dell’antimafia’
Il Bugea, per la verità è, ed è stato sempre in buona compagnia: alla società a cui si è rivolto, per sistemare il figlio, abbondantemente sotto inchiesta per una miriade di reati, oltre che per mafia, si sono rivolti anche decine di parlamentari, amministratori locali e funzionari pubblici, tutti quanti sotto inchiesta per voto di scambio-politico mafioso, presso la Procura Distrettuale Antimafia di Palermo; mentre già il primo funzionario è stato arrestato e trasferito a Palermo, per avere barattato una detrazione fiscale, non dovuta, in cambio del posto per la figlia. Ci riferiamo al già citato dirigente dell’Agenzia delle Entrate di Agrigento, Pasquale Leto che, assieme a Marco Campione, è finito ai domiciliari e rischia di ritornarci se la Cassazione, entro marzo, accoglierà il ricorso della Procura della Repubblica di Agrigento.
“Come sono cambiati i tempi, per Giunone, quando per fare il mestiere, ci voleva anche un po’ di vocazione“, cantava Fabrizio De André. Forse si riferiva, nelle sue “storie di paese” a Bocca di Rosa, o a qualcuna che faceva lo stesso mestiere, ma, persino per prostituirsi, ci vuole un po’ di vocazione, figuriamoci quanta ce ne vuole per fare il giornalista!
Da tempo sono state presentate una serie di interrogazioni parlamentari in cui si tirano pesantemente in ballo, il prefetto di Agrigento, Nicola Diomede ed il ministro Alfano che, per tre anni consecutivi, dal 2012 al 2015, hanno lasciato operare Girgenti Acque senza certificazione antimafia. Lo stesso prefetto non ha garantito l’accesso agli atti ai 25 parlamentari che hanno presentato l’ultima interrogazione in proposito, primo firmatario, il senatore Mario Michele Giarrusso e pertanto, sempre il prefetto di Agrigento è stato convocato dalla Commissione Nazionale Antimafia per rispondere di questa ed altre eventuali abusi e/o omissioni di atti d’ufficio, ma dovrà pure rispondere all’Autorità Nazionale Anticorruzione, presieduta da Raffaele Cantone, dell’affidamento diretto da parte della Prefettura di Agrigento, senza gara, per due anni consecutivi, del valore di ben oltre 10 milioni di euro, per la gestione del centro per immigrati di Lampedusa alla società Le Misericordie di Firenze, la cui direzione era stata affidata in famiglia, al suocero del fratello del ministro Alfano. Il senatore Giarrusso, ma anche l’On. Riccardo Nuti, di 5 Stelle, assieme all’on. Matteo Mangiacavallo, in più di un’occasione sono persino venuti ad Agrigento, davanti la Prefettura, vicino alle redazioni provinciali de Il Giornale di Sicilia e La Sicilia, ad illustrare i contenuti delle loro interrogazioni che riguardano sia il ministro Alfano che il Prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, ma queste due testate giornalistiche, non hanno dedicato mai un solo rigo a queste iniziative parlamentari che rischiano di avere dei pesanti risvolti giudiziari.
Non un rigo sui contenuti delle denunce pubbliche, delle interrogazioni parlamentari e dei pesanti atti ispettivi che hanno portato alle numerose inchieste giudiziarie in corso e che possono riservare degli sviluppi giudiziari clamorosi, e comunque vada, rischiano di decapitare l’intera classe politica e classe dirigente agrigentina.
Basta qui non solo evocare le grane giudiziarie di Girgenti Acque, ma anche gli affidamenti diretti, per centinaia di milioni di euro, senza gara, assicurati ad alcune aziende che si occupano della raccolta e trasporto dei rifiuti e, tra queste, ce n’è una che si occupa di rifiuti speciali, pericolosi e tossici, ossia la SEAP, il cui titolare, Sergio Vella, è compare d’anello del ministro Alfano. Tale azienda scarica senza effettuare alcun pretrattamento, questi rifiuti tossici, nella discarica di Siculiana – Montallegro, di proprietà del vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro; il che non sappiamo se è consentito dalle vigenti normative o se, piuttosto, non è l’ennesimo attentato alla salute ed alla vita degli abitanti, in modo particolare dei due comuni dove ricade il megaimmondezzaio del vice di Antonello Montante, attualmente sotto inchiesta, tanto per cambiare, per mafia.
Relativamente al sotterramento indiscriminato dei rifiuti, compresi quelli tossici e nocivi, è stato presentato un esposto -denuncia presentato dall’ex comandante dei vigili urbani di Montallegro, Filippo Tavormina, ad agosto dello scorso anno, presso la Procura della Repubblica di Agrigento ed indirizzato ad una miriade di enti ed autorità preposte al controllo del territorio, compresi i Carabinieri del NOE (Nucleo Operativo Ecologico) .
Peraltro, quella mega discarica, diventata in maniera rocambolesca, privata, è stata illegittimamente autorizzata, secondo quanto ha riferito lo scorso anno, alla Commissione Parlamentare Nazionale d’Inchiesta che si occupa di questo genere di reati ambientali, il dirigente regionale ed attuale capo del Corpo Forestale Siciliano, Gaetano Gullo.
Stiamo parlando del coinvolgimento, ad altissimo livello, nella scellerata gestione di Girgenti Acque, dei rifiuti e dei centri per immigrati, di un prefetto che obbedisce ciecamente ad un Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, del quale è stato, tra l’altro, capo della sua segreteria politica. Ma anche il ministro dell’Interno, recentemente è stato raggiunto anche da un avviso di garanzia, per abuso d’ufficio, in relazione alla scandalosa gestione dell’Università privata Kore di Enna. Ma il direttore del Giornale di Sicilia e buona parte della stampa agrigentina, di tutto questo non hanno mai detto nulla..
Il buon padre di famiglia, Alfonso Bugea, conscio del fatto che i figli so pezz’e core, ha preferito sistemare i figli con Girgenti Acque e con Angelino Alfano, piuttosto che scontrarsi con aziende che si occupano di acque e rifiuti, nonché con il Prefetto o con il direttore dell’Agenzia delle Entrate, al quale ha espresso, nel suo giornale, cieca e totale solidarietà, appena gli hanno revocato gli arresti domiciliari., schierandosi a spada tratta, a fianco di Girgenti Acque e del suo padre-padrone, l’imprenditore agrigentino, Marco Campione, anche a costo di mettersi contro la Procura ed il Tribunale di Agrigento.
In questi anni Bugea ha lisciato tutti quanti i potenti, non ha disdegnato di continuare imperterrito a triturare con articoli, anche a dieci colonne, le vite e le storie di tutti coloro che hanno contrastato potentati e lobby che gestiscono acqua e rifiuti Una difesa d’ufficio per ottenere, e non per onorare verità e giustizia sociale.
Andando avanti di questo passo, tra la crisi della carta stampata ed i capi redattore, per così dire, un po’ scorretti, le redazioni agrigentine de Il Giornale di Sicilia di Agrigento, ma anche del giornale La Sicilia, così mal dirette, sono destinate a chiudere i battenti. E ciò dispiace tantissimo. E’ necessario, a questo punto, fare qualcosa di serio, per respirare quel profumo di libertà che in provincia di Agrigento manca da troppo tempo e per salvare il diritto ad essere informati correttamente cosa che è l’essenza stessa della democrazia.