Peppino “Era di passaggio” anche a Favara
Favara un paesone di oltre 30 mila abitanti a 25 km da Agrigento, ma con una strada d’accesso in brutte condizioni, com’è ormai normale per tutte le strade provinciali dell’agrigentino. Favara è stato il punto di nascita e di decollo delle famiglie dei Caruana e dei Cuntrera, che oggi sono ritenute una delle maggiori espressioni del traffico di droga in Venezuela e in Canadà, dove hanno realizzato un impero immobiliare. Nei mesi scorsi ci sono stati due omicidi, probabilmente motivati dal ritorno di alcuni boss dalle patrie galere e da assestamenti interni di potere tra le varie famiglie mafiose locali. Un discorso a parte è quello della presenza di numerosi extra-comunitari, con sotterranei giri di droga e di prostituzione a basso costo. Chiedo notizie al ragazzo di una pompa di benzina su dove si trova Piazza Cavour. Quello mi guarda un po’ e poi mi dice: “Ma lei non è Salvo Vitale? Io faccio parte dei compagni che hanno organizzato l’evento. La faccio accompagnare, segua la macchina di mio fratello”. Una strana combinazione! . In piazza c’è un gazebo dove trovo una decina di “compagni” del locale circolo di Rifondazione Comunista, sopravvissuti alla nazionale e generale scomparsa di questo partito. Segretaria è Francesca, un giovane avvocato che si presta a farci da guida per una visita al locale castello dei Chiaramonte, una costruzione del 1200 ristrutturata e resa agibile dopo il degrado di secoli e i saccheggi di tutto quello che c’era dentro. Una mostra di quadri di pittori giapponesi arreda le pareti: un’arte raffinata, armoniosa e compiuta, ben lontana dalle occidentali de-formate ricerche espressive. A proporre l’evento ai compagni di Favara è stato Gianluca, un compagno di Licata che ho conosciuto in Emilia nel 2002, ai tempi delle prime carovane antimafia di Libera e che poi è tornato a Licata, Verso le 19 cominciamo l’evento mentre uno dei tubi d’irrigazione degli alberi si rompe e minaccia di mandare in corto circuito l’amplificazione. Gianluca provvede A completare il tutto un generatore di corrente acceso, sistemato in un pulmino, dietro il gazebo, per gonfiare un percorso di tubi in plastica, dentro il quale si muovono, a pagamento, alcune macchinette per bambini. Riesco a superare e a sopportare il rumore del motore e quello dei clacson delle macchinette con molta pazienza, mentre mi dicono che la nuova sindaca cinquestellata è seduta ad ascoltarmi, ma non alza un dito per disporre il fermo dei rumori.
Con un microfono che fa le bizze, mi soffermo a parlare a lungo di Peppino, della sua personalità, della sua capacità di comunicazione, della sua rottura familiare, del depistaggio delle indagini, di Felicia, di Mafiopoli e di tutto ciò di cuoi si parla nel mio libro “Era di passaggio”. Alcuni ragazzi leggono le poesie di Peppino. Alla fine ci sono un centinaio di persone che si fermano ad ascoltare e alcune di esse pongono interessanti domande sull’antimafia, sull’educazione alla legalità nelle scuole e sull’attualità e la praticabilità delle idee di Peppino Impastato oggi. Un caldo applauso saluta la mia frase di saluto a tutti i “compagni, se è ancora possibile chiamarsi compagni oggi”. Alla fine un panino, una birra e un ciao al prossimo evento. (S.V.)