Peppino Impastato e i suoi compagni (Augusto Cavadi)
Rubrica di critica recensioni e anticipazioni
by Augusto Cavadi
Su Peppino Impastato si è scritto molto e si sono prodotti anche dei buoni film per il cinema e la televisione. A 42 anni dal suo assassinio per mano mafiosa era difficile aggiungere qualcosa di interessante: Salvo Vitale, suo compagno di militanza, c’è riuscito chiedendo un contributo di memoria ad altri protagonisti di quegli anni appassionanti e dolorosi.
Infatti ha pubblicato in queste settimane “Intorno a Peppino. Tempo, idee, testimonianze su Peppino Impastato” (Di Girolamo, Trapani 2020, pp. 203, euro 18,00) raccogliendo contributi (inediti o difficilmente reperibili) di persone che hanno lavorato fianco a fianco con Impastato e che, più o meno vicini a sua madre e a suo fratello, si sono impegnate – con Umberto Santino e Anna Puglisi – nella lunga marcia per ottenere verità e giustizia.
A firma di Vitale stesso è il saggio biografico introduttivo che ripercorre le tappe principali dell’esistenza poliedrica del protagonista destrutturandone l’immagine di eroe solitario. Infatti si evidenzia che egli non si considerò e non fu considerato in vita un eroe se “gli eroi, per definizione, sono individui non comuni, dotati di particolari capacità”, “inarrivabili, inimitabili”, da imbalsamare “nel loro ruolo mitico”; e, proprio perché fu un uomo “come tanti del suo tempo, che ha fatto le sue scelte tra quelle del suo tempo, che non si è fermato a guardare e ad aspettare che passasse il treno”, non ha vissuto neppure da solitario: “non sarebbe esistito senza i suoi compagni, che è riuscito a coagulare, grazie alla sua grande capacità di fare aggregazione, di comunicare idee ed entusiasmi e di andare oltre la banalità”.
Tra questi compagni c’erano maschi e donne, a cominciare dal fratello Giovanni (che qui ricorda la valenza privata, familiare, di un’opposizione anche pubblica, politica, al sistema di dominio mafioso) e dalla sua fidanzata, poi moglie, Felicia (che porta lo stesso nome della suocera ora defunta).
Alcuni ricordano i comuni interessi culturali e artistici: Faro Sclafani, Gino Scasso e Guido Orlando per il giornalismo di contro-informazione; Gaspare Cucinella e Faro Di Maggio per il teatro popolare; Ciccio Impastato per la musica; Giuseppe Casarrubea per la letteratura (da sant’Agostino a Pasolini).
Altri ricordano maggiormente il suo impegno socio-politico: Salvatore Lo Leggio i suoi interventi alle assemblee studentesche universitarie nel Sessantotto; Rosolino Curcurù la fondazione a Cinisi di un circolo marxista-leninista; Piero Impastato le tensioni con il padre di Giuseppe, visceralmente anticomunista e aggressivo nei confronti degli amici del figlio da lui ritenuti colpevoli del suo filocomunismo; Vito Lo Duca e Biagio Cigno la solidarietà attiva di Peppino nei confronti dei lavoratori edili (la cui “giornata di lavoro dura in estate dalle 10 alle 12 ore”); Giuseppe Ruffino la partecipazione alla rivolta per l’acqua a Terrasini nel quartiere dei braccianti; Giorgio Di Vita e Moffo Schimmenti le trasferte nel Settentrione per manifestazioni antifasciste; Amedeo La Mattina i comizi per l’ultima campagna elettorale da candidato di Democrazia Proletaria.
Marcello Faletra dedica il suo contributo a chiarire il capitolo un pò strano del rapporto fra Peppino e la Comune di Villa Fassini, liberandone i membri dall’immagine – a suo avviso falsa – di “fannulloni, vacanzieri, drogati, nudisti perditempo e altre sciocchezze del genere”.
Molto delicata la testimonianza di Francesca Martino su Il rispetto di Peppino verso noi donne: “in un periodo in cui i rapporti uomo-donna erano alquanto facili (si coglieva ogni occasione per ‘farsi lo sgamo’, come si diceva allora), Peppino manteneva un rigore, una riservatezza, uno stile che lo distingueva dagli altri”.
Insomma, questo volume curato da Salvo Vitale offre preziosi elementi per capire alcune ragioni dell’incidenza, nella memoria collettiva italiana, del martirio civile di questo giovane uomo, simbolo – come scrive nell’Introduzione Giovanni Russo Spena, vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia cui si deve lo smascheramento ‘ufficiale’ del “lungo depistaggio portato avanti, da subito, riguardo la causa della sua morte” – del “passaggio fra la prima fase dell’Antimafia – quella dei sindacalisti, contadini, braccianti uccisi in quanto volevano la distribuzione della terra – e la seconda fase detta dell’Antimafia della società civile”. Un simbolo di autenticità di cui la fase attuale del movimento antimafia, ferito da continui tradimenti di farabutti ipocriti, ha urgente bisogno per non cedere allo scoraggiamento. www.augustocavadi.com
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