Pio La Torre, 40 anni dopo la sua morte, continua a tracciare la strada ……
Chi era oltre che un sindacalista e un attento politico comunista? Era nato il 24 dicembre 1927 nella frazione di Altarello di Baida del comune di Palermo da una famiglia di contadini molto povera: il padre palermitano e la madre figlia di un pastore di Muro Lucano (PZ).] Giovanissimo, lottando con i braccianti nella Confederterra era finito in carcere, e si era ritrovato addosso la pesante eredità di Placido Rizzotto a Corleone. La sua è una carriera densa di incarichi, sia politici, in seno al PCI, sia istituzionali, dal Parlamento Siciliano a quello Nazionale, dove firmò, nel 1976, assieme a Cesare Terranova (massacrato tre anni prima di lui dagli sgherri di Luciano Liggio), la relazione di minoranza della commissione Antimafia: quel libro pubblicato da Editori Riuniti è una delle più lucide e coraggiose denunce istituzionali sul sistema di potere mafioso in Sicilia, una radiografia della premiata VA.LI.GIO, ovvero dell’associazione mafiosa tra Vassallo, Lima e Gioia, in combutta con Cassina, con la Consedil, con la Lesca dello stesso Cassina autentici padroni di Palermo, assieme ad altri loschi figuri come Ciancimino, o Giovanni Matta che, pur sedendo in Commissione Antimafia dichiarava che “la mafia non esiste, ma si tratta solo di delinquenza comune”. Nel 1952 era diventato segretario provinciale della CGIL Palermo e qualche anno prima nel 1949 , frequentando il Partito Comunista aveva conosciuto Giuseppina Zacco, che aveva sposato un anno dopo e che gli aveva dato due figli, Filippo e Franco. Di lui è rimasta la firma assieme a quella del democristiano Rognoni, sulle nuove “Disposizioni contro la mafia” che introducevano un nuovo articolo nel codice penale, il 416 bis: un passaggio fondamentale per attivare nuovi strumenti nella lotta contro la mafia, sino ad allora non riconosciuta come associazione illegale. L’associazione mafiosa diventava reato punibile con una pena da tre a sei anni per i membri, e da quattro a dieci nel caso di gruppo armato, mentre gli affiliati avrebbero dovuto decadere da eventuali incarichi civili e politici: soprattutto si prevedeva la confisca obbligatoria dei beni realizzati con attività criminali perpetrate dagli arrestati.
Dopo tre legislature parlamentari era tornato in Sicilia, un po’ per sua scelta, un po’ per scelta di partito e, pur non dimenticando che il primo elemento causa della mancanza di libertà dei siciliani era la mafia, aveva individuato l’altro elemento, la presenza degli Americani, che, dai tempi dello sbarco alleato non aveva smesso di considerare la Sicilia come un feudo personale, come una sorta di proprietà privata in cui installare micidiali missili per mantenere il controllo del Mediterraneo o mostruosi apparecchi di controllo di qualsiasi comunicazione. La Torre aveva provato a spostare la montagna prima con la raccolta di un milione di firme e poi con una grande manifestazione a Comiso, il luogo e l’epicentro del potere militare americano.
Era nel bel mezzo di questo nuovo fronte di lotta quando Il 30 aprile del 1982, alle nove del mattino, accompagnato dal suo autista Rosario Di Salvo, mentre stava andando con la sua Fiat 132 verso la sede del partito, in via Turba, di fronte alla caserma Sole, fu affiancato da due grosse moto e alcuni uomini mascherati con il casco e armati di pistole e mitragliette li uccisero . La Torre morì subito, Di Salvo riuscì ad estrarre la pistola e sparare alcuni colpi. Dalle rivelazioni di Salvatore Cucuzza, diventato collaboratore di giustizia, è stato ricostruito il quadro dei mandanti, identificati nei boss Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Antonino Geraci, detto Nenè e i nomi degli esecutori Giuseppe Lucchese, Nino Madonna, Salvatore Cucuzza, e Pino Greco,
La Torre è stato uno degli uomini politici siciliani ai quali va tutto il rispetto e l’ammirazione per la fedeltà alle sue idee e a quelle del comunismo, per la sua profonda conoscenza del fenomeno mafioso e per la sua capacità di spaziare in un orizzonte più vasto per fare del Mediterraneo un mare di pace. In questo suo pensiero è racchiuso il senso della sua battaglia: “ Se si vuole assestare un colpo decisivo alla potenza della mafia occorre debellare ili sistema di potere clientelare attraverso lo sviluppo della democrazia, promuovendo la mobilitazione unitaria dei lavoratori, l’autogoverno popolare e la partecipazione dei cittadini al funzionamento delle istituzioni democratiche. La sua battaglia, in nome della pace, alla fine risultata vincente, contro l’installazione dei missili americani a Comiso, in un momento come quello attuale acquista più senso, tenuto conto che la base americana di Sigonella, in Sicilia, è uno dei centri operativi più attivi nella preparazione dei progetti bellici della Nato nella guerra russo-ucraina
Piero Grasso, già presidente del Senato, ha detto: “Ne avessimo oggi politici così. Pio La Torre era prima di tutto un siciliano che ha amato fino in fondo la sua terra”.
La foto: Quadro del pittore Gaetano Porcasi
Grande uomo