Radio Aut giornale di controinformazione
Breve storia dell’esperienza radiofonica creata e condotta da Peppino Impastato e dai suoi amici, pubblicata a Telejato nel 2002 e oggi riproposta nel libro “Era di passaggio”, Navarra editore
Radio Aut nasce a Terrasini, un paese a due chilometri da Cinisi, nel 1977, per iniziativa di Peppino Impastato e di un gruppo di giovani che avevano condiviso con lui quasi dieci anni di militanza politica, all’interno di varie sigle della sinistra extra-parlamentare. Era un momento in cui la deregulation del settore consentiva a chiunque, con pochissimi mezzi, di avviare, sulla scelta di una frequenza, un’attività radiofonica: Era quindi anche il momento in cui nascevano migliaia di emittenti, in parte commerciali, in piccola parte politiche: alcuni esempi sono rimasti nella memoria, come Radio Sud a Palermo, Radio Alice a Bologna, Radio Popolare a Milano, Radio Onda Rossa a Roma. Ciò che caratterizzava l’esperienza di Radio Aut, rispetto alle altre, era la sua specifica individuazione di strumento di lotta contro la mafia, soprattutto attraverso l’arma della satira e della denuncia documentata di traffici loschi e intrallazzi politico-affaristici. In tal senso Cinisi, il paese di Impastato, era un completo punto d’osservazione di tali fenomeni, sia per la presenza dell’aeroporto di Punta Raisi, struttura fondamentale nella strategia dei traffici mafiosi, sia per la presenza di una cosca mafiosa agguerrita e alleata con una serie di altre cosche dei paesi vicini. Grazie a queste alleanze, in parte matrimoniali, in parte orientate al controllo assoluto di tutte le attività produttive del territorio, il boss Gaetano Badalamenti era diventato capo della “Cupola” mafiosa e poteva permettersi anche di atteggiarsi a tutore dell’ordine pubblico. Ovviamente l’attività antimafia si collegava a una scelta generale ben chiara nel titolo della testata: “Radio Aut, giornale di controinformazione radiodiffuso” L’esigenza della controinformazione nasceva dalla voglia di individuare e trasmettere notizie in una versione smascherata dalle mistificazioni e dalle veline tipiche dell’informazione filogovernativa dell’emittente pubblica e della stampa.
Si cominciò con un trasmettitore scassatissimo, quasi un residuato bellico, già di Radio Radicale, poi passato a Radio Apache, un’emittente palermitana che chiuse la sua breve esperienza confluendo nell’altra radio di movimento, Radio Sud. Si comprò un’antenna a cambiali, un microfono, un mixer rudimentale e due piatti: il resto, soprattutto il materiale musicale, era raccolto tra i compagni o registrato da altre emittenti: non si trasmetteva pubblicità, a parte un paio di inserzioni commerciali di aziende nazionali, che una volta ci arrivarono registrate, accompagnate da un congruo assegno.
Alcune “Proposte di intervento radiofonico” scritte da Peppino chiariscono la direzione dell’intervento: la radio è concepita come strumento di intervento legato necessariamente alla costituzione di un collettivo politico e alla “ presenza politico-culturale nel territorio, che sia al tempo stesso proposta di mobilitazione e organizzazione autonoma del sociale ( comitati di disoccupati, organismi di lotta dei precari, collettivi femministi, circoli e cooperative culturali ed economiche, associazioni sportive ecc.). Si individuano tre livelli, “il primo quello dell’informazione e controinformazione, come rifiuto e ridimensionamento dell’informazione di regime e del monopolio dell’industria del consenso: la notizia discende direttamente dal sociale, va riproposta, in maniera amplificata, al sociale, senza filtri e interventi manipolatori, costituisce la naturale risposta alle esigenze del sociale ad emergere autonomamente: centrale, a questo “primo livello” è la creazione di un forte movimento di opinione non scissa dalla crescita di i momenti di contropotere”; il secondo livello è quello dell’intervento politico: “la radio diventa strumento diretto, come il volantino, il video-tape o il megafono, dell’iniziativa di lotta e del progetto politico complessivo di una struttura di base dislocata socialmente e territorialmente. E’ questo il livello dell’agitazione politica vera e propria, dell’istigazione alla rivolta e all’organizzazione autonoma delle proprie lotte: indicazioni minime come quelle relative all’autoriduzione, allo sciopero, all’occupazione di spazi del potere, si intersecano con indicazioni di più largo respiro sull’articolazione della “trasgressione” e sulla difesa degli “spazi di contropotere delle masse”. Il terzo livello “è quello degli spazi autogestiti, in cui la realtà sociale si appropria dello strumento radiofonico e lo usa direttamente per allargare e difendere le “macchie liberate” e come mezzo di coordinamento delle lotte e delle iniziative di massa.”. La nota di Peppino prosegue con una serie di indicazioni di metodo sull’indicazione della fascia oraria, sull’utilizzazione degli spazi musicali, sui brevi interventi di controinformazione nazionale, regionale e locale, sulla preparazione del notiziario che privilegi “lotte sociali e operaie, movimento e repressione, produzione e ristrutturazione, lotte per i diritti civili, democratizzazione delle Forze Armate, testimonianze dirette su momenti di vita quotidiana e sociale”. Come si vede, una radio proiettata fortemente nel sociale e concepita come strumento di impegno civile.
Radio Aut continuò a vivere per circa due anni dopo la morte di Peppino. Il livello della denuncia delle speculazioni mafiosi e quello della satira arrivò addirittura a superare quello dei tempi di Peppino, anche perché c’era dentro la rabbia causata dalla sua morte. Tipica la trasmissione “La stangata”, che si ricollegava idealmente a “Onda Pazza”, la trasmissione. ideata da Peppino. Divenne un po’ più carente la ricerca delle testimonianze dal vivo e quella dell’informazione nazionale, a causa di un progressivo assottigliamento del gruppo redazionale: molti compagni emigrarono, in cerca di lavoro, altri preferirono coltivare le proprie scelte personali e familiari di vita, ma soprattutto fu micidiale il “cordone sanitario” che si cercò di costruire scientificamente attorno alla radio: ai giovani era proibito di avvicinare e di trasmettere, da parte dei genitori, circolavano le peggiori notizie diffamatorie, del tipo che la radio era un covo di terroristi, di drogati, di pervertiti, di gente inutile e pericolosa. In quelle condizioni, senza soldi e senza materiale umano, in un certo momento decidemmo di chiudere, con grande sollievo di tutti i benpensanti. Telejato (20.05.2002)