Ricordo di Alberto Giacomelli (Fabio Strinati)
Alberto Giacomelli nel 1946 entrò in Magistratura destinato alla Procura di Trapani. Dal 1951 al 1953 fu Pretore di Calatafimi, e a Trapani dal 1953 al 1954. Dal1971 giudice presso il Tribunale di Trapani, fu dal1978 Presidente di Sezione dello stesso Tribunale, fin quando andò in pensione il 1º maggio del1987. Un anno dopo, i Carabinieri di Trapani, alle 8 del mattino del 14 settembre del 1988 a Locogrande (contrada nelle vicinanze di Trapani) ne rinvenivano il cadavere dietro l’autovettura di proprietà dell’ex-magistrato. Presentava un colpo di arma da fuoco alla testa ed un altro all’addome. Le indagini evidenziavano che il delitto era stato organizzato e compiuto da componenti della criminalità organizzata locale. Un primo processo celebrato innanzi la Corte d’Assise di Trapani portò alla momentanea condanna di alcuni soggetti ritenuti gli esecutori dell’eccidio. Questi soggetti furono poi assolti in appello. Negli anni successivi, grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, si giunse alla condanna di Totò Riina, considerato mandante dell’omicidio. Nel 1985 Giacomelli, aveva firmato il provvedimento di sequestro di beni a Gaetano Riina, fratello del boss. Nelle motivazioni i Giudici d’Assise ripercorsero il momento storico in cui fu commesso il delitto. Emerse, così, che la mafia aveva deciso di colpire, per la prima volta in assoluto, un Magistrato giudicante, uno qualsiasi. Si decise di uccidere Giacomelli perché, nella sua qualità di Presidente della sezione per le misure di prevenzione del locale Tribunale, confiscò l’abitazione del fratello del capo di Cosa Nostra, non consentendogli più di utilizzarla. Qualche giorno dopo la mafia decise di colpire un altro Magistrato giudicante operante nel distretto di Corte d’Appello di Palermo, Antonino Saetta. Quello di Alberto Giacomelli tuttavia resta l’unico caso di omicidio di un Magistrato in pensione nella storia d’Italia.
Ad Alberto Giacomelli
Hanno contaminato il tuo addome
avvelenato il tuo sguardo
sottratto la tua anima alla vita
usando il megafono della violenza
il microfono dell’arroganza,
il sotterfugio putrido vile dell’ignoranza;
hanno calpestato il tuo onore
pestato il tuo cognome da galantuomo
scucito al mondo il tuo sorriso delicato
che sapeva come corteggiare la speranza;
hanno usato la peggior vergogna
per ammorbare il tuo esile corpo
attraverso un colorante colmo,
strapieno di sangue…
e ti hanno tolto l’esistenza
perché figli di un frutto acerbo
di un albero avverso
nutrito dal morbo fradicio della menzogna
la più cattiva rogna che sembra uno sciame,
intinto in un volume abnorme di peccato.
FABIO STRINATI