Ricordo di Danilo Dolci nel ventesimo della sua scomparsa
Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a metà strada tra Palermo e Trapani. Il 14 ottobre dello stesso anno, dà inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorità si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna.
Nel 1955 viene pubblicato “Banditi a Partinico”, (Laterza) che fa conoscere all’opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale.
Sono anni di lavoro intenso: Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo “sciopero alla rovescia”, con centinaia di disoccupati – subito fermati dalla polizia – impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce a Partinico il “Centro studi e iniziative per la piena occupazione”. Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, «continuazione della Resistenza, senza sparare». Si intensifica, intanto, l’attività di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse – gravi e circostanziate – rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l’allora ministro Bernardo Mattarella. Buona parte della documentazione e degli elementi d’accusa sono pubblicati in “Spreco”, (Einaudi, Torino 1960) e in “Chi gioca solo””, Einaudi, Torino 1966). Le accuse finiscono con un processo per diffamazione, in tentato da Mattarella. Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarietà, in Italia e all’estero (da Norberto Bobbio ad Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci è solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare.
Intensa anche l’attività di lavoro in favore delle popolazioni del Belice i cui paesi furono devstati dal terremoto del 14 gennaio 1968. Per far sentire la loro voce Danilo creò la prima radio libera in Italia, nel 1970, finendeo in tribunale con i suoi ncollaboratori.
La sociologia e la scienza dell’educazione contemporanea hanno ricevuto da Danilo un grande contributo: Dolci non si atteggia a guru, non propina verità preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. È convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica , così Dolci chiama il suo metodo, cessa di essere il metodo del filosofo Socrate, ma diventa un nuovo metodo educativo
Nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l’idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un’arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, però, la richiesta di acqua per tutti, di “acqua democratica”, incontrerà ostacoli d’ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia ), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima è ora coltivabile; l’irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Con il tempo purtroppo l cattiva gestione delle risorse ha finito con il causare danni e fallimenti.
Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l’attenzione alla qualità dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l’artigianato e l’espressione artistica locali. L’impegno educativo assume un ruolo centrale. Col contributo di esperti internazionali si avvia l’esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini.
Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre più intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre società connessi al procedere della massificazione, all’emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media.
Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci è ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita.
Questa nota biografica è in parte tratta da l sito “Trappetodamare”.