Tipi sinistri
Brevi profili dei militanti di estrema sinistra
Ho attraversato nel mio pellegrinaggio politico varie sigle e formazioni a sinistra del PCI di una volta, cercando in esse, senza trovarla, un’identità che fosse quella del comunismo vero, legato al pensiero di Marx e ai suoi successivi aggiornamenti, dal leninismo, al castrismo, allo stalinismo, alla finale anarchia in cui dovrebbero risolversi tutte le strutture autoritarie del capitalismo.
Non ho mai trovato qualcuno che mi piacesse compiutamente, non il Partito Comunista d’Italia (m-l), dove, con Peppino facemmo una breve sosta nel nostro ‘68 universitario, prima che ci espellessero, non Servire il popolo (ml), dove mi capitò di bazzicare in Sardegna qualche anno dopo, ma di cui non riuscivo a comprendere il fanatismo di Brandirali che celebrava matrimoni tra compagni, non gli intellettuali del Manifesto, così lontani dai problemi reali ed elementari dell’esistenza, non gli incazzati di Avanguardia Tipi sinistriOperaia, convinti che la rivoluzione poteva nascere solo dalla classe operaia, che invece era già andata in paradiso, non quelli di Rifondazione, che sulla questione delle 40 ore fecero cadere il governo Prodi, accantonando poi il problema con Berlusconi, non quelli del Partito Comunista di Marco Rizzo o di quello di Ferrando, perduti in lunghe ed esasperanti analisi e letture a senso unico di una realtà complessa e in continua evoluzione. Ho incontrato nel mio percorso terzo-internazionalisti, quarto-internazionalisti, cioè trotskisti, anarchici individualisti e collettivisti, ecosocialisti, marxisti-leninisti, pacifisti, ambientalisti, verdi, verdi verdi, verdi arcobaleni, rifondazionisti, e più recentemente cossuttiani, vendoliani, ingroiani, tziprasiani, civatiani, bersaniani, cuperliani, d’alemiani , pisapiani ecc. Un arcipelago in cui ruotano una quindicina di sigle di partiti che non arrivano all’1%.. L’unica formazione verso la quale ci siamo ritrovati e impegnati con il gruppo di Peppino Impastato è Lotta Continua: dopo il suo scioglimento, nel 1977 molti suoi militanti sono rimasti senza certezze e senza identità, a parte quelli che hanno deciso di continuare con Democrazia Proletaria.
Riccardo Orioles mi fa notare che “Il Partito Comunista d’Italia marxista-leninista a sua volta si è scisso in Partito Comunista d’Italia marxista-leninista Linea Rossa e Partito Comunista d’Italia marxista-leninista Linea Nera. Il Partito Comunista d’Italia marxista-leninista Linea Rossa a sua volta si divideva in Partito Comunista d’Italia marxista-leninista Linea Rossa “Il Bolscevico” e Partito Comunista d’Italia marxista-leninista Linea Rossa “Il Partito” (dai nomi dei rispettivi organi di stampa). La testata de “Il Bolscevico”, era affiancata dai ritratti di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. La testata de “Il Partito”, era affiancata dai ritratti di Marx, Engels, Lenin, Mao e Stalin. La diversa successione dei Capi in questione ha un profondo significato ideologico, in quantoché i compagni del Partito Comunista d’Italia marxista-leninista Linea Rossa “Il Bolscevico” davanno la “giusta” rilevanza storica al compagno Stalin mentre quelli del Partito Comunista d’Italia marxista-leninista Linea Rossa “Il partito” lo mettevano opportunisticamente in secondo piano rispetto al compagno Mao. Il Partito Comunista d’Italia marxista-leninista Linea Rossa “Il Bolscevico” a sua volta…C’erano inoltre l’Unione dei Comunisti Italiani marxisti-leninisti (nemicissima del Partito Comunista d’Italia marxista-leninista sia Linea Rossa che Linea Nera), il Partito Comunista Internazionale, col suo giornale “Lotta Comunista”, che considerava traditori revisionisti tutti i leader comunisti successivi al 1921 (Ivi compreso il revisionista Gramsci ma non gli ortodossi Pannekoek e Bordiga), Il Partito Comunista Rivoluzionario (facente parte della Quarta Internazionale, divisa a sua volta fra tendenza lambertista e tendenza posadista, dai nomi dei rispettivi leader), c’era il compagno Aldo Brandirali che celebrava matrimoni comunisti (“Vuoi tu, compagna X, prendere in sposo il qui presente compagno Y, per servire insieme il popolo ed educare i vostri figli alle idee del Presidente Mao e del compagno Brandirali?”), c’era Avanguardia Comunista (di cui non mi ricordo perché ce l’avesse con la Quarta Internazionale), c’era il Partito Comunista Sicliiano con sede a Villa Lenin a Caltanissetta, e questi erano solo i gruppi principali. Giuro che è tutto vero, e chi c’era a quei tempi lo può testimoniare “.
In tutti la stessa ostinata coscienza di sentirsi gli unici e gli ultimi eredi della rivoluzione e di ritenere sbagliate tutte le altre scelte, con la convinzione ostinata di considerare gli altri “compagni” ideologicamente più vicini come i veri nemici da combattere, con reciproche accuse, scomuniche, ingiurie, veleni, bugie, ecc. Collante comune il radicalismo, una vaga spruzzata di egalitarismo con qualche sfumatura d’ispirazione marxista, la condanna del capitalismo, la coscienza assoluta di essere depositari della verità, ma anche la tendenza a rinchiudersi “nelle proprie stanze”, a dimenticare il rapporto con le mitiche “masse” e il lavoro al loro interno.
La recente candidatura di Ottavio Navarra alla presidenza della Regione Sicilia e il suo successivo passo indietro a favore di Claudio Fava ha fatto riemergere tutta la variopinta flora fatta di livore, prese di distanza, di distinguo, di accuse, di ingiurie e la voglia di contestazione che in questi anni sembrava sommersa e sparita, anche nel linguaggio dei pochi “reduci” rimasti in campo. Cerchiamo di tracciare a matita il profilo e l’identificazione di alcuni di essi
I malpancisti: quelli che si fanno venire il mal di pancia ogni volta che sono chiamati a scegliere su qualcosa che esula dal loro ristretto orizzonte. Ultimo esempio è il buon Riccardo Orioles che in un suo post dal titolo “Maldipancia” ha annunciato che, obtorto collo, voterà per Fava. Primo esempio Indro Montanelli, quando scrisse: “Mi turerò il naso per non sentire la puzza, ma voterò D.C.” Per questa ragione potremmo anche chiamarli “turisti”, con richiamo al verbo “turare”.
I fascisti rossi: quelli che associano alla condanna totale di chi non è d’accordo con loro, forme e tentativi di diffamazione e d’isolamento del “nemico”, ritenuto un eretico, del quale bisogna “bruciare” scritti idee, azioni, anche con forme violente: il ricordo degli anarchici spagnoli, massacrati dei comunisti durante la guerra civile è forse l’esempio più tragico, ma si può passare dalle purghe staliniane a quelle cinesi per avere un’idea di come i dissidenti siano ritenuti più nemici dei nemici di classe. Poca differenza tra l’eresia religiosa e l’eresia politica
Gli zombies: sono i veterani di precedenti battaglie, sopravvissuti, che si sono fermati a tramontate esperienze delle quali sono stati protagonisti e non essendo stati capaci di trovare in sé una qualche forma di rinnovamento, di aggiornamento, di modifica, sono rimasti chiusi nel bozzolo di ciò che è stato e non è più, ma che, secondo loro, potrebbe tornare ad essere, non si sa per quale miracolo. Anche qua poca differenza tra i vetero-comunisti e i vetero-fascisti, naturalmente tenendo conto delle abissali distanze ideologiche.
Gli zoccoli duri: rispetto agli zombies, che sono nostalgici e prigionieri del passato, questi continuano ad esserci, a cercare una qualche forma d’impegno e di lotta. In pratica costituiscono l’ala estrema del movimento cui fanno riferimento e sono espressione di una soggettiva ortodossia ideologica che spesso non è più tale, perché modificata, spesso anche incoscientemente, da una propria rivisitazione ideologica scambiata per giusta interpretazione: una sorta di rincoglionimento aggravato dalla fissazione di essere rimasti gli ultimi a proseguire sulla stessa strada. Pretendono rispetto in virtù della propria storia che, nel tempo li ha trasformati in icone, in testimoni del tempo che fu.
I profughi: coloro che in passato militavano in formazioni politiche contigue, della stessa area, ma con le dovute inevitabili prese di distanza, e che alla fine sono transitati con il gruppo numericamente più rappresentativo o più organizzato, per non restare isolati o per cercare di continuare a contare qualcosa, ad avere un ruolo. Chi li accetta non dimentica l’originaria provenienza e guarda con sospetto la convergenza, cercando di capire se sia stata determinata da forme di opportunismo o di sopravvivenza politica
I nuovi arrivi: rispetto ai profughi sono anagraficamente più giovani, rappresentano il sangue nuovo “nelle stracche arterie” del passato, coloro ai quali si dà spazio e ai quali i “vecchi compagni” si attaccano parassitariamente per coprire la propria incapacità di rinnovarsi, di proporre nuove iniziative, di aprirsi a un consenso sempre più difficile da trovare. I vecchi si prendono il merito di quello che fanno i giovani e coltivano una qualche illusione di sopravvivenza.
I “malmostosi”: vocabolo di origine toscana che Claudio Fava ha tirato fuori all’atto della sua candidatura 2017 per definire tutti coloro che hanno trovato qualcosa da dire, un qualche motivo per lamentarsi, un difetto, una critica, un’ipotesi negativa. Il mosto che va a male e diventa aceto, è lo “status quo” di quelli che hanno in corpo una qualche sostanza che li porta sempre a lamentarsi, a essere vittime della loro acidità, i biliosi, quelli, per dirla con Fava, del “non è abbastanza” , “è troppo”, sì, ma….. Richiamano la favola del lupo e l’agnello: “-sei mesi fa parlasti male di me….- – “ma se non ero ancora nato!!! – “allora sono stati tuo padre e tua madre”. Per molti aspetti si possono associare ai malpancisti, con un tasso di acidità un po’ più alto
I rassegnati, quelli del “tanto non cambierà mai niente”: si possono considerare una sottocategoria dei malpancisti, nella misura in cui accettano passivamente di tirare avanti come hanno sempre fatto, votando allo stesso modo per una sorta di fedeltà e di continuità nel loro essere passato, ovvero in quella che hanno riconosciuto come propria identità, modo di essere, proseguimento del cammino sulla strada maestra, congenito conservatorismo. L’unico e uItimo passo avanti che si concedono è quello di condensare l’insieme di delusioni e di crisi ideologica diventando astensionisti e delegando agli altri la decisione di scegliere al proprio posto.
Gli incazzati: sono presenti in ogni categoria, ma costituiscono anche un’identità specifica, molto diffusa in Europa da quando è nato il movimento degli Indignati e associano la loro rabbia a forme di lotta diverse che vanno dalle semplici manifestazioni, agli scontri, ad atti di teppismo, in alcuni casi alle devastazioni. La voglia di cambiare diventa rabbia quando si infrange contro le strutture di protezione del sistema e contro l’impossibilità di poterle modificare, o in parte o radicalmente. In passato si sono verificati anche passaggi verso velleitarie forme di lotta armata. In pratica sono gli eredi dei “contestatori” degli anni 70, oppositori per principio.
Gli impallinatori: possono anche essere definiti “sfascisti”, nel senso che sono sempre pronti a criticare, a demolire, a lamentarsi, a rifiutare qualsiasi azione propositiva, anche scontrandosi con i “compagni” che invece hanno voglia di lavorare, di star dentro e che vengono definiti “entristi”, per il solo fatto di avere scelto di “entrare” nelle istituzioni e lavorare dall’interno. La loro carica distruttiva è micidiale, il “non c’è niente da fare” si associa con il boicottaggio del “qualcosa dobbiamo fare” non tanto per rassegnazione, ma per la freudiana tendenza a essere vittime di “Thanatos” anziché di “Eros”. Sono gli eternamente scontenti, quelli che hanno da dire su tutto e su tutti, autentici cecchini cui niente va bene e che credono di risolvere tutto con uno sbrigativo “Va fa nculo”.
Gli immaginifici, quelli che lasciano largo spazio a costruire, cercare, studiare con ampie divagazioni fantastiche complotti sotterranei, nazionali e internazionali, patti nascosti, sospetti di intese misteriose degne dei migliori romanzi gialli. Il soggetto che entra nel loro raggio d’azione diventa vittima dei più osceni passaggi, di accoppiamenti politicamente mostruosi dove convivono comunisti e berluscones, fascisti e pentastellini, dove il papa è compromesso con le dittature sudamericane, ci sono dieci uomini che comandano il mondo, altri che iniettano sostanze per instupidire gli uomini, zanzare venefiche messe in giro dall’Isis ecc. Non sono presenti solo nell’Estrema, ma in ogni formazione politica.
I creativi, quelli che disegnano strane figure sui muri, si vestono come in un ballo in maschera, credono che attraverso lo stupore si possa incidere in una società ormai inebetita dal conformismo comportamentale, eredi degli indiani metropolitani del ’77: apprezzabili per la ricerca di nuove forme espressive e di lotta, spesso si fermano lì, ritenendo di avere soddisfatto, attraverso il gesto eclatante, la loro voglia di nuovo che non esula dalla sfera del personale.
I teorici, quelli che hanno studiato i testi sacri del marxismo, che studiano l’evoluzione della società attraverso le leggi dell’economia, leggono i mali del presente, ne individuano le cause, ne prospettano soluzioni, ma non fanno niente per realizzarle, anche perché le loro analisi sono scritte in un linguaggio così complesso inaccessibile alle “masse” cui dovrebbe essere destinato, estraneo alle tecniche della comunicazione di massa. Per molti aspetti ricordano il gramsciano ruolo guida degli intellettuali nel partito, con la differenza che non li segue nessuno perché nessuno li capisce.
I lupi solitari, ovvero quelli che si sono schifati di tutto e di tutti, si sono ritirati a vita privata e dalla loro “turris eburnea” giudicano, pontificano, sputano sentenze, magari sui network, si atteggiano a maestri nella prospettiva di una inesistente platea o si ritengono soddisfatti se le loro considerazioni ricevono un certo numero di “mi piace”. Si tratta di una sottocategoria dei teorici, ma che non sempre ha la stessa preparazione e la stessa autorevolezza.
Esistono ancora infiniti altri tipi, generalmente sottocategorie dei tipi descritti, poiché non è solo una battuta quella che se si riuniscono quattro persone di sinistra per fare un partito, dopo un anno spuntano quattro partiti.
Queste note non nascondono la voglia di sfottere tanti “compagni” di viaggio, ma hanno la presunzione di indurre questo manipolo di irriducibili a guardarsi allo specchio, a guardare non solo dietro, ma dentro, a prendere coscienza di quei limiti che rimettono in discussione l’infallibilità del verbo di cui ci si ritiene detentori, a leggere il presente per andare verso il futuro, cioè ad equilibrare marxisticamente il rapporto tra teoria e prassi e quindi a rivedere e riadeguare la teoria quando cambiano le caratteristiche storiche che l’hanno motivato.
Il panorama è desolante, perché in ognuno di questi “militanti austeri”, per dirla con Guccini, è radicata l’incapacità di andare oltre il “cupio dissolvi”, cioè l’inveterata e storica litigiosità, la tendenza alla scissione della sinistra, la voglia incallita di farsi male, di non sapersi coordinare, di non sapere oltrepassare il muro di un’ideologia che non è più tale, ma presume di esserlo ogni volta che spunta fuori una proposta politica.
E quindi non presa in giro, ma la velleitaria indicazione della ricerca di un coagulo tra coloro che credono ancora nella lotta di classe, in una fase in cui le distanze economiche si sono paurosamente dilatate, le contraddizioni sociali si inaspriscono giornalmente, l’incubo della povertà si allarga mentre la ricchezza sembra prendersi gioco di coloro che hanno perduto la forza di lottare, perché privi di punti di riferimento e di organizzazione. E nessuno legga ciò che è scritto come un invito a raccogliersi sotto l’ala di papà PD, perché il PD non è più un partito di sinistra.
(Salvo Vitale)
Ognuno è padrone delle proprie idee per quanto confuse e variegate. Nulla da eccepire se qualcuno decide di fare tanti assaggini invece di un pasto completo. Mi permetto solo di fare una piccola ( ma non insignificante) correzione:…..”il Partito Comunista Internazionale, col suo giornale “Lotta Comunista”, che considerava traditori revisionisti tutti i leader comunisti successivi al 1921 (Ivi compreso il revisionista Gramsci ma non gli ortodossi Pannekoek e Bordiga)…..”pubblicava e pubblica “Il Programma Comunista”. Mentre Lotta Comunista era ed è un periodico , fondato nel dicembre del 1965 da Arrigo Cervetto e Lorenzo Parodi. Dalla sua fondazione è l’organo dei “Gruppi leninisti della sinistra comunista”.